Chi sono i ciarlatani?

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William Howard Hay

Viviamo in un universo duale: giorno e notte, maschio e femmina, positivo e negativo, guelfi e ghibellini… fino ad arrivare ai giorni nostri con no-vax e sì-vax, negazionisti e collaborazionisti.

Su chi abbia ragione tra no-vax e sì-vax, sta ad ognuno di noi stabilirlo. Per farlo non servono le lauree, ma una buona capacità di osservazione, che è uno dei migliori antidoti al pregiudizio.

Come che sia, sembra, comunque, che qualcuno non stia dicendo il vero. L’improvvisa comparsa e proliferazione sui media generalisti di medici, virologi ed “esperti” a vario titolo che dall’inizio del 2020 dispensano incessantemente la loro “scienza” dicendo tutto e il contrario di tutto, talvolta litigando anche tra loro, a cui si è aggiunta l’imposizione (sotto forma di Green Pass obbligatorio) di un vaccino ad oggi ancora in fase di approvazione, fa venire il sospetto che ci siano in circolazione dei ciarlatani.

Per questo motivo – e per agevolare l'osservazione – pubblichiamo “Chi sono i ciarlatani?”, uno scritto del 1929 (quasi un secolo fa!) del medico e scrittore americano William Howard Hay, il quale afferma che: «un ciarlatano è chiunque finga di essere qualcosa che non è, o uno che non è in grado di fare quello che afferma di fare, in particolare se prende soldi per questa messinscena». Nel testo di Hay, scritto pochi anni dopo l’epidemia del 1918-19, si legge anche che: «Se una persona che ha ricevuto un vaccino o un siero contrae ugualmente la malattia per la quale dovrebbe essere protetta, questa è un’ottima prova che tale “protezione” è priva di valore, non è vero?». A ciascuno di noi l’onere della conferma o della smentita. Buona lettura.


CHI SONO I CIARLATANI?

di WILLIAM HOWARD HAY, medico 
Ristampato per gentile concessione dal libro, “Food or Drugs”

CHI È UN “CIARLATANO”? Dal punto di vista medico un ciarlatano è chiunque eccetto noi, la scuola ufficiale di medicina. Nessuno che non si sia laureato in una moderna scuola di medicina sfugge alla condanna di ciarlataneria in base ad una consueta, classica visione ortodossa. Non è vero?

Consideriamo la definizione di “ciarlatani” in modo un po' più ampio, non limitandola alle frange alternative non convenzionali. Da un punto di vista più ampio, un ciarlatano è chiunque finga di essere qualcosa che non è, o uno che non è in grado di fare quello che afferma di fare, in particolare se prende soldi per questa messinscena.

Da questo punto di vista più ampio, quanti di noi possono sottrarsi al sospetto di ciarlataneria?

Se dovessimo dire la pura verità così come la vediamo, quante volte saremmo stati costretti a dire ad un paziente: "Non so che cosa ci sia che non vada in lei e, non sapendolo, non sono nella posizione di trattarla in modo intelligente”?

Se fossimo onesti, quanti pazienti avremmo? Se lo fossimo, ci abbandonerebbero tutti per i ciarlatani e rimarremo con il cerino in mano. Lo sappiamo, e siamo tutti inconsciamente costretti ad assumere un'aria di saggezza e a emettere pareri sulle malattie per le quali veniamo consultati, sapendo bene che se il caso ci sfuggisse di mano e andasse da qualcun altro, la nostra opinione sarebbe messa in discussione, perché è un fatto ben noto che, se il caso non è perfettamente chiaro (e la maggior parte dei casi NON sono chiari), e dovesse un tale caso andare da un centinaio di differenti medici ufficiali qualificati, riceverebbe quasi altrettante diagnosi differenti, e ancora più differenti piani terapeutici.

Io dico che lo sappiamo, e inconsciamente proteggiamo noi stessi rassicurando con fermezza il paziente che comprendiamo molto bene la sua condizione, per garantirci questa incrollabile fiducia nel nostro giudizio illuminato.

SIAMO DEI CIARLATANI PER QUESTO INGANNO? Come possiamo evitare questa accusa? Di chi è la colpa per la posizione nella quale ci ritroviamo? È colpa nostra o della natura umana espressa nel paziente? Senza dubbio entrambe le cose, poiché se da un lato abbiamo la nostra parte di responsabilità per aver acconsentito di essere messi nella posizione di arbitri che decidono sulla malattia, su cui NON SAPPIAMO MOLTO, dall'altro la colpa è anche del pubblico, per essere così sciocco da pensare che questa cosa misteriosa che chiamiamo malattia possa essere ridotta ad una formula esatta.

I padri della medicina fecero quelle che si compiacquero chiamare scoperte, di solito scoperte che certi farmaci producevano certi sintomi, se fatti assimilare all'essere umano, e con queste scoperte si proposero di combattere i sintomi della malattia.

Questa originariamente era una teoria, è sempre stata una teoria e, nella stessa natura delle cose, NON PUÒ ESSERE NIENT’ALTRO CHE UNA TEORIA, perché i processi interni di un corpo sano o malato, non sono del tutto compresi e mai lo saranno, e i processi vitali non vengono sottoposti ad un'analisi scrupolosa; e, sebbene possiamo imparare molto sulla chimica interna del corpo e scoprire in via sperimentale molte cose interessanti sulle funzioni dei vari organi interni, tuttavia non potremo mai analizzare il macchinario vitale in azione, e prima abbandoniamo questa finzione di conoscenza esatta, meglio sarà per il nostro prestigio.

Ben un terzo della popolazione degli Stati Uniti ha smesso di fare affidamento sui medici ufficiali per ricevere consigli o trattamenti per le loro varie malattie, forse perché, dopo molte delusioni, stanno vagamente iniziando a rendersi conto della fallibilità della medicina classica. Chi lo sa?

UN QUESTIONARIO distribuito recentemente a settemila persone ha rivelato che meno del dieci percento di loro era incondizionatamente fedele alla medicina, e più del novanta percento ammetteva la propria fedeltà, parziale o completa, alla Scienza Cristiana, Chiropratica, Osteopatia, Naturopatia, Meccanoterapia o altro gruppo alternativo.

“CIARLATANI”, sogghigniamo, eppure dobbiamo ammettere il crollo della nostra precedente supremazia nel trattamento delle malattie. QUESTA È UNA AMARA AMMISSIONE, ma, se siamo abbastanza onesti da affrontare la verità, dovremmo guardare onestamente questa cosa in modo diretto ed esigere una spiegazione del perché di questa defezione.

Alcuni anni fa, Sir James McKenzie, di St. Andrew, Scozia, fece una citazione sul London Times, tratta dal London Lancet, dicendo di fatto che diagnosticare un’ulcera gastrica, i calcoli biliari, un'appendicite, un tumore, non è diagnosi in senso stretto, ma solo un nominare sintomi importanti, il che significa il punto di convergenza della causa della condizione patologica, ma dire perché questa persona è malata, spiegare come e perché ha smesso di essere in buona salute, non gli è possibile, in questo bellissimo studio clinico, in più del dieci percento dei casi esaminati.

Il Dott. Cabot della facoltà di medicina di Harvard, parla dei risultati delle autopsie al Massachusetts General Hospital, dove si richiede la massima precisione, che dimostrano che la diagnosi era sbagliata in più del cinquanta percento dei casi, e questo significa che non hanno individuato il principale problema in più della metà dei casi, e il dottor McKenzie afferma che anche questa non è affatto una diagnosi.

Sir William Osler, il compianto Regius Professor della facoltà di Medicina di Oxford, citò l'immortale Voltaire, che disse: «PRENDIAMO MEDICINE DI CUI SAPPIAMO POCO, CHE FINISCONO IN UN CORPO DI CUI SAPPIAMO ANCORA MENO, PER CURARE MALATTIE DI CUI NON SAPPIAMO NULLA».

CIARLATANI, chiaramente ciarlatani, sia che siamo disposti ad ammetterlo o no, perché non stiamo forse facendo le stesse cose per le quali condanniamo coloro che ci piace etichettare con questo nome infamante?

Nel 1857-63 Antoine Bechamp annunciò la sua teoria dei microzimi della fermentazione, e gli piaceva dire che fosse anche la teoria dell'inizio di una malattia, riconoscendo i germi come metamorfosi dei microzimi per scopi biochimici.

Pasteur, un contemporaneo di Bechamp, non un medico, ma un chimico, o piuttosto un farmacista, attribuì ai germi, questi microrganismi sviluppati dai microzimi di Bechamp, il ruolo d’invasore, credendo che, per il fatto che erano sempre presenti nelle malattie, essendo certi germi presumibilmente sempre presenti in certe malattie, causassero perciò queste malattie.

Bechamp era uno scienziato, Pasteur un pubblicitario. Bechamp si concentrò così tanto nelle sue ricerche da accontentarsi di inviare relazioni ogni tanto all'Accademia delle Scienze, mentre Pasteur si rivolse al pubblico con tutto quello che scoprì, diventando a furor di popolo un genio della scienza.

Molto del suo lavoro fu chiaramente scopiazzato dalle opere di Bechamp senza attribuirglielo, e interpretato da Pasteur per adattarlo ai suoi scopi, che erano di creare un enorme mercato di distruttori di germi.   

Bechamp morì povero e sconosciuto, all'esterno dell'Accademia; Pasteur morì in una condizione finanziaria quasi benestante, acclamato dal mondo scientifico come grande benefattore, e pianto ogni anno dalla sua scomparsa.

Questa teoria dei germi come causa della malattia venne analizzata dal professor Robert Koch, che formulò un'asserzione, accettata dagli scienziati del suo tempo, che deve essere vera in ogni suo punto al fine di stabilire che è il germe la causa della malattia.

Secondo questa asserzione, se il germe è la causa di una malattia, esso dev'essere presente in ogni caso di questa malattia; non dev'essere presente se non c'è la malattia, dev'essere possibile farne una coltura separata in idonei terreni di coltura fuori dal corpo e, infine, dev'essere possibile inserirlo di nuovo nel corpo umano, in cui deve invariabilmente produrre la stessa malattia.

La teoria dei germi non soddisfa con certezza assoluta nemmeno una di queste condizioni, essendo il germe spesso assente nelle malattie che gli sono attribuite; essendo di solito presente in corpi nei quali la malattia attribuitagli spicca di più per la sua assenza! E sebbene i germi possano essere soggetti a coltura all'esterno del corpo, in adeguati terreni di coltura, sono anche soggetti a mutazione quando si cambiano le caratteristiche del terreno di coltura, e, se di nuovo introdotti nel corpo, non sempre causano invariabilmente la malattia che dovrebbero causare, e di solito non causano nessun tipo di malattia di alcun genere.

Pasteur ci ha già rallentato di oltre sessanta anni con questa pubblicità della teoria del germe e se ritornassimo agli insegnamenti di Bechamp, riconoscendo i microzimi come causa primaria, e il germe come lo sviluppo di natura biochimica, risultante dalle condizioni del corpo, trasformato in un necessario saprofago per rimuovere dal corpo le sostanze sgradite, forse riguadagneremmo il terreno perduto da oltre sessant'anni, e saremmo in grado di concentrare la nostra attenzione sulle condizioni di base del corpo e non sull'innocuo germe saprofago.   

Se il bacillo della tubercolosi fosse la causa della tubercolosi, come potrebbe qualcuno di noi sfuggire all’infezione?

Lo stesso vale per la febbre tifoidea, la polmonite, qualsiasi malattia infettiva, perché i germi che accompagnano queste malattie sono onnipresenti.

Stiamo spendendo tempo prezioso, un sacco di soldi, splendida capacità mentale, nello studiare la storia dei germi, quando non sono altro che saprofagi biochimici, cose amichevoli la cui funzione è spesso quella urgente di liberare il corpo in breve tempo dagli accumuli che sono diventati intollerabili, menomanti per le funzioni, cosicché stiamo di conseguenza mancando il vero obiettivo della nostra ricerca della causa della malattia.

Le condizioni di base che rendono necessaria la presenza dei germi sono il nostro vero campo di ricerca, ma abbiamo perso di vista quasi completamente questo campo per la nostra caccia frenetica ai germi, e possiamo attribuire la colpa per questo suggerimento errato a Luis Pasteur.

Non ci sono prove reali della vantata efficacia di qualsiasi forma di antitossina, vaccino o siero.

Dopo che si è stati vaccinati o si è ricevuto un siero e si è stati immunizzati, abbiamo distrutto l'unica prova che conta, perché non abbiamo nessun modo di sapere se la persona vaccinata o che ha ricevuto un siero avrebbe contratto o meno la malattia in assenza di questa cosiddetta protezione; non tutti lo fanno.

Se una persona che ha ricevuto un vaccino o un siero contrae ugualmente la malattia per la quale dovrebbe essere protetta, questa è un’ottima prova che tale “protezione” è priva di valore, non è vero? Di sicuro la gente contrae malattie contro le quali è stata immunizzata, come noi tutti sappiamo.

Durante la prima guerra mondiale i nostri ragazzi nell'esercito non furono completamente “protetti”? Furono reclutati fisicamente idonei alle armi, altrimenti non avrebbero potuto superare la commissione d’esame; furono completamente immunizzati contro la febbre tifoidea, la meningite, la polmonite, l'influenza, e nonostante ciò morirono come mosche, non in prima linea, ma proprio qui a casa, nelle caserme, dove erano circondati dalle migliori precauzioni sanitarie che la scienza potesse ideare, e non solo morirono, ma morirono delle stesse malattie dalle quali avrebbero dovuto essere immuni.

Dubitate di quest’affermazione? Cercate negli archivi di ogni acquartieramento della nazione durante il raduno di truppe dell’esercito, e vedrete con i vostri occhi se questo è vero o meno. Il tasso di mortalità dovuto a polmonite, complicazioni influenzali, fu semplicemente sconcertante, in alcune caserme superò di quattro o cinque volte il tasso di mortalità tra i civili, quelli che erano deboli e non abili per andare in guerra, e che non ricevettero la benedizione dell’immunizzazione.

Quanto bene fece il trattamento con il siero a questi ragazzi? Chiedetelo a Louis Pasteur, se siete capaci di evocare il suo spirito incorporeo.

CIARLATANI, tutti noi, nel fare cose che non sappiamo come fare, nel promettere cose che non siamo in grado di fare.

C'è da meravigliarsi se il pubblico sta diventando un po' sospettoso di noi e delle nostre decantate “scoperte”? Ciò che mi stupisce è che ci sono ancora settanta milioni di loro disposti a sottoporsi a vaccinazione e sieroterapia.

Le cifre vere sulla vaccinazione contro il vaiolo non sono mai state rese pubbliche, sebbene possano essere verificate negli archivi dei vari dipartimenti dell'esercito come pure del governo, se ci si prendesse la briga di chiederle. Se l'archivio della vaccinazione nelle sole Filippine diventasse mai universalmente noto, porrebbe fine alla vaccinazione dell'intera nazione, almeno tra coloro che sono in grado di leggere e pensare con la propria testa. Dopo tre anni di rigorosa vaccinazione, allorché quasi ogni piccoletto di pelle scura era stato vaccinato da una a sei volte, si verificò la più grave epidemia di vaiolo che l'isola abbia mai visto, con il tasso di mortalità che in alcuni punti sfiorò il sessanta percento, causando in tutto oltre sessantamila morti. Lo sapevate? Certamente no. Eppure si trova negli archivi governativi proprio in questa forma. Manila e la provincia circostante furono vaccinate quasi completamente, e anch'esse mostrarono il più alto tasso di casi e di morti dell'intero arcipelago, mentre alcune parti remote del paese non furono vaccinate così a fondo e se la cavarono in proporzione con meno casi di malattia.

Quanto bene abbiamo fatto a questi poveri individui? Chiedetelo a Edward Jenner! Adesso lo sa, se è vero che dopo la morte si sa, e io voglio credere che lui passerebbe volentieri una parte della sua eternità in purgatorio, se potesse cancellare il male che ha fatto al mondo con la vaccinazione.

La sola epidemia di vaiolo che abbia mai avuto la sfortuna di vedere comprendeva trentatrè casi, di cui ventinove vaccinati, alcuni di recente, e i casi non vaccinati non contrassero la malattia in una forma in alcun modo più grave rispetto a quelli che erano stati vaccinati, anche quelli vaccinati di recente, e la stessa proporzione regge abbastanza bene nel mondo vaccinato, perché la vaccinazione NON protegge contro il vaiolo, sebbene faccia molto male a prescindere dalla sua utilità.

Allora, siete convinti che SIAMO DEI CIARLATANI? Agli occhi di coloro che sono disposti a dimenticare l'attuale prestigio della medicina, quale che sia, con tutta la sua dignità, il suo gergo scientifico, le sue chiacchiere inutili sull'Altruismo, le sue grandi sovvenzioni, i suoi proclamati "risultati", siamo sicuramente dei ciarlatani che pretendono di fare cose che non siamo in grado di fare, e... sì, che prendono soldi senza esserseli guadagnati.

Potremmo giustificarci accusando gli altri e pensare che nessuno può fare meglio di noi, ma siamo chiaramente nel torto quando tentiamo di assicurarci leggi a noi favorevoli per scopi egoistici o quando cerchiamo di ostacolare leggi che potrebbero dimostrarsi a noi non gradite nella nostra posizione di arbitri in materia di malattia.

Quando tentiamo di esigere tramite la legge l'obbedienza di un pubblico riluttante, stiamo superando i limiti della correttezza, per non dire altro.

Il pubblico paga i suoi conti e HA TUTTO IL DIRITTO DI DIRE CHI GODRÀ O NON GODRÀ DEL SUO SOSTEGNO e per questo motivo, oltre a quelli precedentemente indicati, chi scrive non simpatizza affatto con tutti gli sforzi di imporre l'obbedienza a persone disponibili e generose in materia di assistenza medica, nonché in materia di fede religiosa.

Stiamo continuamente sollecitando i corpi legislativi dello stato e insistendo su leggi nazionali per avere più potere, PIÙ DIRITTO DI COSTRINGERE AD UNA RILUTTANTE OBBEDIENZA UN PUBBLICO CHE STA SOFFRENDO DA MOLTO TEMPO PER OGNI NOSTRO CAPRICCIO E DESIDERIO, tutto “nell'interesse della salute pubblica”.

Supponiamo di riuscire a militarizzare così tanto l'intero paese da avere il diritto di entrare in qualsiasi casa privata e dire loro come stanno le cose.

Possiamo fare meglio di quello che ha fatto il corpo medico dell'esercito? Abbiamo richiesto leggi per costringere ogni bambino nella scuola ad essere sottoposto al test di Schick, poi, se ci fossero delle reazioni, vogliamo il potere di IMMUNIZZARE tali bambini sospetti. Invochiamo il potere del Kaiser moltiplicato per sette volte, e ora quasi ce l'abbiamo.

Se avessimo il potere di immunizzare con la costrizione ogni uomo, donna e bambino contro l'influenza, i risultati sarebbero migliori di quelli avuti tra i rischi di infezione scelti dall’esercito? Che prova abbiamo che sarebbero differenti? Il tasso di mortalità del dodici o tredici percento, che ci sembra molto alto anche per un’epidemia così catastrofica come quella del 1918-19, scenderebbe con una immunizzazione generale? Se diventasse del ventisei percento, come abbiamo osservato in alcuni acquartieramenti dell'esercito, sarebbe difficile convincere il pubblico che siamo dei benefattori.

No, siamo ben lungi dal sapere cosa fare per prevenire le malattie e, perfino in gravi malattie epidemiche, come la febbre gialla, abbiamo dovuto rendere omaggio all'entomologo e all'ingegnere sanitario, ed è stato l'entomologo a indicare l'anofele come il veicolo dell'infezione della malaria, ed è stato l’ingegnere sanitario a scoprire come liberarsi delle cose fastidiose, mentre ce ne stavamo a guardare applaudendo fragorosamente, prendendoci poi tutti i meriti come di uno dei grandi risultati della medicina!

La verità è che stiamo occupando una posizione falsa e, se fossimo onesti, ci ritireremmo il più rapidamente ed elegantemente possibile da ciò, e saremmo disposti ad insistere sui nostri risultati ed essere giudicati per essi.

Permetteremmo al pubblico di scegliere il proprio medico senza che glielo imponga il governo, senza dimenticare che questo è chiaramente il funerale del pubblico, ed è il pubblico a pagare i conti.

Fino a quando non abbandoneremo ogni idea di medicina obbligatoria, dovremmo essere coerenti e convincere il nostro prossimo del nostro particolare tipo di credo e di politica, come pure del nostro particolare tipo di medicina.

Dobbiamo dimostrarlo che il nostro particolare tipo di guarigione è il migliore e l’unico, per cui vediamo di avere un po' più di benevolenza per le altre scuole e per il pubblico che ha tutto il diritto di decidere il suo tipo di medicina. Se vogliamo sfuggire al sospetto di ciarlataneria, assicuriamoci che il nostro cortile sia pulito prima di cercare di far pulire al nostro vicino il suo.

Fonte: National Library of Australia

Foto: Wikimedia

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