Ma quale sbaglio: a Basiglio fu un abbaglio

Pubblicato da Redazione il
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Stiamo per giungere all'epilogo teatrale previsto, al classico colpo di spugna liberatorio che assolve gli orchi condannando implicitamente le vittime a tenersi il torto subito senza avere giustizia.

Parliamo della vicenda dei due bambini di Basiglio, allontanati dalla loro famiglio a causa di un presunto disegno "porno" (i più educati e acculturati scrivono "osé", ma la sostanza non cambia). Per i dettagli rimandiamo agli articoli Tutela o "rapimento" legale? e L'incubo di Basiglio.

In quest'ultimo anticipavamo l'epilogo: «... come al solito, non succederà proprio nulla, anzi, le rispettive classi o caste (a volte vengono anche chiamate professioni...) faranno quadrato a difesa dei loro appartenenti e del loro operato ...»

Ieri, 14 luglio 2011, «il procuratore aggiunto di Milano ha chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste per i cinque imputati, tra cui una preside, due maestre, uno psicologo e un assistente sociale (...) spiegando, nella requisitoria del processo che l'allontanamento dei due bambini dai loro genitori è stato profondamente sbagliato e che sono stati commessi tutti gli errori possibili in questa vicenda. Però, ha sottolineato il magistrato, questi errori, non hanno un rilievo penale». (da Corriere.it)

Prelevare al mattino presto due bambini dalla loro casa, contro il loro volere e quello dei genitori, portarli via di peso (con la forza? Non lo sappiamo, ma senz'altro con violenza psicologica) e tenerli rinchiusi in un altro luogo per due lunghi mesi non è reato? L'Anonima Sequestri ringrazia per questa chicca giurisprudenziale.

Ma chi è il procuratore aggiunto di Milano? Si tratta di Pietro Forno!

Pochi lo conoscono, per cui ecco alcune informazioni.

Pietro Forno è il «padre» del pool investigativo che dal 1992 ha riorganizzato le indagini a Milano sulle violenze sessuali e sulla pedofilia.

Nel 1992, ha cominciato a occuparsi dei «reati sessuali», all'inizio come unico titolare, poi come riferimento per un pool di una decina di colleghi. A lui viene attribuito il merito (o il demerito) di avere creato un «metodo investigativo» utilizzato in centinaia di processi per stupri o abusi: denunce e testimonianze delle presunte vittime raccolte da sezioni specializzate di polizia; perizie affidate a ginecologi e psicologi di fiducia; inserimento nelle indagini delle confidenze dei bambini agli educatori; contestazioni di complicità a coniugi e parenti che non confermano le accuse; coordinamento con il Tribunale dei minori, per allontanare subito i bimbi dai genitori sospettati; stretta collaborazione con un ristretto gruppo di istituti di tutela dell'infanzia. Una «macchina» giudiziaria tanto efficiente da diventare, secondo i critici, implacabile anche con gli innocenti. Di qui le proteste di questi anni contro Forno: madri che si incatenano a Palazzo di Giustizia; cortei di quartiere in difesa di imputati insospettabili; presunte vittime che ritrattano le denunce; campagne di stampa e volantinaggi contro la «fabbrica dei mostri». 
(Corriere della Sera del 23 dicembre 2000)

Sono innumerevoli gli articoli di denuncia del "metodo Forno" apparsi in quel periodo. Molti sono i colleghi magistrati che hanno criticato aspramente Forno e i suoi "collaboratori" psicologi o presunti tali.

Poteva Forno, ora, far condannare chi ha usato i suoi stessi metodi? 
Poteva Forno rinnegare il proprio operato? 
Poteva Forno dire che quei metodi, i "suoi metodi" sono dei reati?

Ovvio che non poteva. E non l'ha fatto.

Quindi tutti assolti. E quei due mocciosi allontanati da casa? E la loro famiglia? Che si arrangino, tanto non è successo nulla di male (sic!).

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