Dislessia: alcune opinioni

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In data 29 settembre 2010 il Senato ha approvato definitivamente il Disegno di legge N. 1006-1036 sulla dislessia (DSA, Disturbi Specifici di Apprendimento). Di seguito alcune opinioni di "addetti ai lavori" (insegnanti e genitori) tratte dal sito dienneti.

DISEGNO DI LEGGE SULLA DISLESSIA

Lettera di un'insegnante di scuola primaria 

(31/08/2009) 

Egregio Direttore, 
recentemente ho letto alcune lettere di cittadini, insegnanti e genitori che comunicavano la loro preoccupazione circa i cambiamenti che si stanno verificando all’interno della nostra scuola e che ne stanno snaturando completamente il suo vero significato: essere un luogo di istruzione ed educazione. Poi qualche giorno fa un altro articolo dal titolo “In Sicilia la fabbrica degli insegnanti di sostegno” (www.ilgiornale.it) ad un certo punto affermava:

“E che dire di una criptica diagnosi siglata “NAC”? Nessuna nuova malattia che sfugge ai medici. NAC sta per “non altrimenti certificato” Una patologia inventata su misura per compiacere qualche scuola che ha bisogno di piazzare un insegnante, a qualunque costo”…

“A Enna c’è qualcosa di ancora più esilarante. Era stata accertata dalla ASL una “grave difficoltà di apprendimento della lingua italiana” Ma i medici si sono dimenticati di specificare che il bambino era arabo”.

Incredibile, ma vero! A causa di interventi di carattere psichiatrico nella scuola ora gli errori di calcolo, di scrittura, di ortografia o la troppa vivacità sono diventati disturbi e se una volta di fronte a delle normali difficoltà c’era il continuo esercizio e più ore venivano dedicate alla lingua italiana e alla matematica, ora come soluzione si sottopone il bambino a dei test cognitivi ed il gioco è fatto!

Io ritengo che per poter imparare qualsiasi cosa sia a scuola che nella vita ci voglia perseveranza, persistenza, duro e continuo esercizio. Un esempio potrebbe essere quello di un bambino che vuole imparare a suonare il pianoforte: lui inizia con il solfeggio, attraverso esercizi su esercizi incomincia a suonare le prime note, finché riuscirà, prima o poi, a suonare brevi e semplici melodie e a fare accordi. E qualora lui dovesse incontrare delle difficoltà nel suo percorso musicale non farà altro che tornare indietro e continuare con il suo allenamento. Non verrà fermato al primo fallimento o al secondo, dicendogli:”Tu non sarai mai in grado di suonare il pianoforte”. “Ora faremo un test”, ma lui verrà incitato a continuare, sino a quando otterrà il tanto agognato sogno: suonare il pianoforte! E così lui vincerà. E se anche non dovesse raggiungere il suo obiettivo, non verrebbe in ogni caso considerato affetto da “disturbo della musica”.

In qualità di insegnante con mio grande sgomento recentemente sono stata testimone diretta di un episodio increscioso accaduto proprio nella mia classe: alcuni mesi fa sono venuta a sapere attraverso una lettera arrivata nella mia classe che i genitori di un mio alunno si erano rivolti ad un centro per una valutazione cognitiva e logopedia, relativa ad alcune difficoltà nell’ambito dell’apprendimento scolastico, difficoltà sottolineo normalissime che qualsiasi scolaro potrebbe incontrare nel suo percorso didattico, a maggior ragione giustificabili nel mio alunno, se si fa presente che nella classe di cui sono ora titolare, in prima è mancata una figura stabile di riferimento nella lingua italiana. Sovente i bambini venivano alloggiati in altre classi del plesso, con tutte le problematiche didattiche che da questo ne sono derivate. Nella lettera delle due specialiste, una logopedista e una psicologa, non erano allegate le prove vere e proprie somministrate all’alunno, ma venivano riferiti soltanto i punteggi relativi alle stesse e in essa veniva affermato che erano da considerarsi patologici i punteggi al di sotto del -2.

Faccio presente che le due esperte, prima di somministrare le prove di calcolo, scrittura e competenza ortografica al mio alunno, fatte tra dicembre e gennaio, non avevano MAI contattato né me, né tanto meno le altre colleghe della classe per informarsi sul percorso didattico-educativo intrapreso dal bambino, sulle unità di apprendimento svolte durante l’anno scolastico in corso e negli anni precedenti, sui progressi da lui raggiunti, sul rapporto del bambino con i compagni di classe e con le insegnanti. Inoltre la logopedista si era permessa di interferire nella conduzione dell’attività didattica, mettendo per iscritto sul diario dell’alunno quale azione fosse più giusta e quale lei ritenesse sbagliata.

Questi “esperti” si sono sostituiti completamente al ruolo di noi insegnanti, dettano leggi e regole, si erigono a “gli intoccabili”, come se fossero al di sopra delle parti. Una parte della psichiatria dichiara che questi disturbi (dislessia, disortografia, discalculia, disgrafia) esistono e sono disturbi di carattere neurologico, mentre altri psichiatri e psicologi affermano l’esatto contrario. Dove sono le prove di laboratorio che dimostrano la veridicità dell’esistenza di questi “disturbi”? La logopedista nell’unico colloquio avuto disse che lei era contraria ad etichettare i bambini, ma, contraddicendosi, continuava affermando che lo aveva fatto per salvaguardare l’alunno quando frequenterà la scuola media. Questa sua affermazione mi ha lasciata attonita! È come dire che lei era consapevole che il problema fosse la scuola, in questo caso la scuola secondaria di primo grado ma, se si etichetta il bambino, i professori della scuola media potranno fare qualcosa per lui! Ora questa logopedista, a detta della mamma, segue il mio alunno a pagamento.

Ritengo che il disegno di legge sulla dislessia, che ha ricevuto parere favorevole dalla Commissione Istruzione del Senato recentemente, sia un pericolo reale per tutti i nostri bambini, che non hanno bisogno di bolle o etichettature come al tempo del nazismo! Hanno invece bisogno di educazione e istruzione, che siano il risultato dell’attività degli insegnanti in collaborazione e con il sostegno dei genitori e della capacità di apprendimento da parte del bambino, attraverso tutti gli strumenti di cui l’istituzione scolastica dispone all’interno di essa. Ed è proprio all’interno di essa che si devono ricercare le cause di un’istruzione in decadimento e di una dispersione scolastica in continuo aumento!

Chi di noi nel nostro trascorso scolastico non sarebbe stato etichettato per qualche difficoltà?

(Lettera firmata)

LA SCUOLA NON SNATURI LA SUA FUNZIONE: 
NO ALLA LEGGE SULLA DISLESSIA

(Lettera aperta di un gruppo di insegnanti e genitori) 

(8/07/2009)

La scuola italiana sta vivendo in questi ultimi anni cambiamenti che ne stanno snaturando l’essenza e la funzione: istruire e formare le nuove generazioni. Da un decennio circa la scuola è sotto osservazione e "monitorata" da enti e associazioni pubbliche e private, estranee al mondo della scuola, che stanno proponendo soluzioni insolite, inusuali e di dubbia efficacia, per risolvere le problematiche legate all’istruzione.

Con l'utilizzo di screening e progetti vari, l'attenzione è stata deviata dalla vera didattica per incanalarla verso problematiche di carattere medico-psicologico che nulla hanno a che fare con l’ambiente scolastico, nella ricerca e individuazione di presunti disturbi psichici negli studenti.

Preoccupanti in particolare sono le iniziative anche a livello istituzionale in merito ai cosiddetti disturbi dell'apprendimento, come “dislessia”, “discalculia”, “disortografia”, ecc.. Con una manipolazione del linguaggio si sta cercando di far passare per “disturbi” di origine neurologica gli errori nella lettura, nella scrittura e nel far di conto dei nostri alunni, errori che esistono da sempre.

Oggi in molte scuole dove queste teorie sono entrate, un ragazzo che fa errori di scrittura, calcolo o lettura, viene segnalato, certificato poi come dislessico, disortografico o discalculico e con questa certificazione seguirà poi percorsi individualizzati alla stregua di un portatore di handicap o di un diversamente abile, come dir si voglia, in quanto le sue difficoltà vengono stigmatizzate e tradotte in “disturbi mentali”.

Sulla base di queste “teorie”, chi non potrebbe avere un disturbo dell'apprendimento ed essere al riparo da una diagnosi psichiatrica? Qualunque insegnante può trasformare un alunno in un soggetto affetto da tale disturbo: è sufficiente che spieghi male o che non sappia insegnare.

Attualmente c'è addirittura in discussione in Commissione Istruzione al Senato una legge sulla dislessia che, tra le altre cose, sollecita screening di massa preventivi in tutte le scuole a partire dalla scuola dell'infanzia. Sulla base di test cronometrati e con punteggi del tutto arbitrari, i bambini che non rientrano nei parametri saranno i futuri disabili incanalati in un percorso scolastico differenziato, che ne farà degli incapaci.

Ad esempio in un alunno che fa errori nella lettura non solo non vengono individuate le parole che non ha capito e che lo portano a sbagliare, ma gli viene inculcata l'idea che i suoi errori sono dovuti ad un suo disturbo mentale e che per questo non dovrà più leggere, ma potrà utilizzare strumenti sostitutivi, come ad esempio audio libri. Per tutta la vita non solo non migliorerà le sue capacità, ma non ci proverà neanche. Alla fine di un percorso di studi avremo un bambino che non saprà leggere, convinto di essere portatore di un handicap per sempre. Come si può considerare questo un aiuto o la risoluzione di un disagio?

Per non parlare dei genitori, che si troveranno i propri figli etichettati disabili, parcheggiati in una scuola che non ha tenuto in nessun conto i percorsi educativi e didattici intrapresi, le unità di apprendimento affrontate in classe, l’ambiente familiare e il contesto sociale in cui sono inseriti, né tanto meno la possibile incapacità dei docenti di trasmettere il sapere. Avremo una scuola che si limita, attraverso degli “specialisti”, a discriminare gli studenti sollecitando il corpo docente ad utilizzare strumenti compensativi e misure dispensative. Questi alunni passeranno da una classe all'altra senza aver acquisito alla fine neanche la strumentalità di base necessaria alla loro autonomia, destinati ad un sicuro fallimento, ad un abbandono scolastico con effetti negativi a pioggia su tutta la nostra società. Riteniamo che sia la scuola a dover essere migliorata, indirizzandosi in particolare alle metodologie didattiche e alle programmazioni funzionali, ponendo particolare attenzione sulla qualità dell'insegnamento piuttosto che su presunte incapacità genetiche dell'alunno. Occorre riportare la scuola alla sua funzione didattico-educativa, così che possa dare un reale contributo alla società in termini di persone istruite e competenti.

Pertanto noi, insegnanti e genitori, chiediamo che vengano messe al bando queste dannose e demagogiche teorie “innovative”, perché è in gioco il futuro dei nostri figli e della nostra società.

(Lettera firmata)

NUOVO DISEGNO DI LEGGE SULLA DISLESSIA, ITALIA A RISCHIO

Il labile confine tra scuole e ospedali...

(23/06/2009)

Bambini in perfetta salute a partire dalla scuola dell’infanzia potranno essere sottoposti a test nella lettura, nella scrittura e nel calcolo ed essere poi etichettati “affetti da dislessia, discalculia, disortografia…”. Risultato finale: nuovi pazienti che potrebbero andare ad incrementare le entrate di “specialisti” preposti alla somministrazione e alla valutazione dei test, incremento di persone disabili nella nostra società e fallimento dell’istruzione e dell’istituzione scolastica.

Un nuovo disegno di legge sulla dislessia, già approvato dalla Commissione Istruzione del Senato, a breve passerà alla Camera. Se dovesse superare il vaglio parlamentare, il diritto all'istruzione sarà spazzato via da vincoli diagnostici soggettivi e arbitrari. Difficoltà di lettura, di scrittura o di calcolo, saranno ridefinite come “Disturbi Specifici di Apprendimento”, ossia malattie psichiatriche, e in quanto tali suscettibili di trattamento. Un business enorme, se si considera che il 3-5 per cento dei bambini sono ritenuti "affetti" da DSA.

Studenti del tutto normali potrebbero venire discriminati e finire su percorsi educativi alternativi, alla stregua dei portatori di handicap (regolamentati dalla legge n. 104 del 5 febbraio 1992). Le valutazioni però sarebbero prive di valore scientifico, essendo basate su una batteria di prove che non tengono in nessun conto del percorso educativo-didattico degli alunni, del lavoro svolto in classe, del contesto sociale in cui i bambini sono inseriti e del loro rapporto con la famiglia. Quindi non esami diagnostici, ma solo test e punteggi del tutto arbitrari. Come può un test univoco determinare la reale difficoltà del bambino, che magari è ascrivibile a difficoltà familiari o più semplicemente a una scarsa conoscenza della lingua, o a una mancata comprensione della lingua stessa?

Dietro a un velo fatto di mistificazione e compassione, scopriamo celarsi un allettante business: l'industria farmaceutica, che è penetrata in altri ambiti, contagiando profondamente il settore educativo. E se un bambino etichettato “dislessico” venisse considerato anche affetto da “ADHD”, potrebbe essere sottoposto a una terapia psico-farmacologica. Tombola! Nelle scuole americane gli psicologi sono passati dai 1000 del 1950 ai 10000 circa del 1990.

Come scrive Bruce Wiseman: "Qualsiasi traccia della psichiatria e della psicologia dovrebbe essere rimossa dalle nostre scuole. Le scuole servono per imparare. Non servono per esperimenti psichiatrici su giovani menti".

(Lettera firmata)

DISLESSIA? NO, GRAZIE

Lettera di una professoressa...

(16/06/2009)

Sono un’insegnante e da 15 anni sono a contatto con gli studenti e con le problematiche riguardanti l’apprendimento, oltre ad avere esperienza come madre di un figlio di 14 anni. Sono rimasta sorpresa dalle ultime iniziative istituzionali riguardo il disegno di legge sulla dislessia.

Nel disegno di legge viene sancito in modo perentorio e inconfutabile che la difficoltà di lettura o di calcolo, e gli errori nello scrivere, sono considerati disturbi dell’apprendimento di origine costituzionale che persisteranno per tutta la vita. Per questo vengono attivate modalità di insegnamento specifiche, come si fa con i portatori di handicap, tutto ciò sotto la supervisione della neuropsichiatria infantile.

Ho cercato invano dei riscontri scientifici riguardo tali diagnosi e purtroppo ho trovato solo teorie soggettive, opinioni e conclusioni su ipotesi di prestazioni medie che gli alunni dovrebbero ottenere. Chi non rientra in queste ipotetiche “prestazioni medie” concordate, viene diagnosticato dislessico, discalculo, disgrafico ecc..

Nella mia esperienza ho visto un’infinità di difficoltà negli studenti e grazie al mio intuito, desiderio di aiutare, e grande pazienza ho scoperto che dietro ad ogni difficoltà degli alunni c'era qualche motivazione specifica e risolvendola pian piano migliorava raggiungendo buoni risultati.

Sono preoccupata per il futuro di molti bambini che, diagnosticati attraverso semplici test, si troveranno sbarrata la porta dell’istruzione, perché verrà loro negato l’esercizio dello scrivere, del leggere, del fare calcoli, risolvere problemi, tutti strumenti utilizzati da sempre nella scuola e fondamentali per imparare a leggere, scrivere e far di calcolo. Al posto di questi strumenti, per gli alunni diagnosticati con disturbi di apprendimento, la legge prevede che la loro “istruzione” debba avvenire mediante l’utilizzo di sintetizzatori vocali, registratori che leggono al posto dell’alunno, computer con correttore ortografico, video scrittura, calcolatrici.

Appare evidente l’incongruenza di questa legge che da una parte vuole garantire il diritto all’istruzione, rimuovendone gli ostacoli, dall’altra crea dei futuri cittadini disabili.

Se questa legge fosse esistita 30 anni fa, quanti fra noi, insegnanti, medici, avvocati, giornalisti attraverso una di queste diagnosi avrebbero visto svanire nel nulla i loro sogni e carriere? Perché dobbiamo riservare questo trattamento alle generazioni future?

I bambini e i genitori di fronte alle “autorità” non hanno gli strumenti per contrastare tali diagnosi, sta ad ognuno di noi vigilare e garantire che l’istruzione resti libera, come recita l’articolo 33 della Costituzione e che le scuole siano dei luoghi dove i bambini vanno per imparare, e non per raggiungere ipotetiche medie nazionali di abilità. Non dobbiamo creare una nuova “razza ariana”.

(Lettera firmata)

TROPPO CHIASSO ATTORNO ALLA DISLESSIA

No alle diagnosi facili, è in gioco il futuro di milioni di bambini...

(11/11/2008)

Ho letto che è in via di approvazione in Commissione Salute al Senato il testo di legge sulla dislessia che dovrà passare alla Camera e che è già stata votata la procedura d’urgenza per l’approvazione (Corriere della Sera del 24.10.08).

Cambiano i governi, ma non cambia la pressione con la quale si vogliono codificare per legge i "disturbi di apprendimento" nei nostri studenti.

Nello specifico si tratta della dislessia, uno dei tanti disturbi elencati nel DSM IV (Manuale Statistico e Diagnostico della psichiatria) dei quali soffrirebbero i nostri alunni.

Esercitando una costante pressione mediatica come sta avvenendo in questo caso per la dislessia, successivamente verrà chiesto al Parlamento di approvare altre leggi che obbligheranno la scuola e le famiglie a sottoporre i bambini e i ragazzi a screening e cure per gli altri "disturbi" che si trovano nel DSM IV.

Le modalità di diagnosi della dislessia, così come per l’iperattività ed altri disturbi si basano su test, vengono esaminati errori di scrittura, di lettura degli studenti: "Un ritardo nel linguaggio o la difficoltà di esprimersi in età prescolare possono essere un primo segnale", "Se un bambino fa più errori degli altri, per esempio sbaglia 20 volte le doppie invece di 5 o 6 nello scrivere un brano come accade ai normolettori (bambini normali ), il segnale si fa più evidente" (Corriere della Sera del 24.10.08).

In molti casi le prime diagnosi le fanno le insegnati indottrinate su questi disturbi nei vari corsi di aggiornamento. Spesso mi ritrovo con colleghi che, ad esempio, fanno notare che l’alunno ha una pessima grafia, o fa errori di scrittura, o legge male, a quel punto nell’indifferenza degli altri docenti della classe i genitori vengono invitati a portare il figlio all’ASL per un’eventuale diagnosi di dislessia o altri "disturbi".

Per una mia alunna ad esempio l’insegnante di sostengo ha spiegato che le era stato diagnosticato un ritardo mentale, quando l’alunna in questione è di nazionalità filippina, i genitori a casa parlano soltanto la lingua filippina e lei sente parlare italiano soltanto in classe comprendendo poco o niente. Sfido chiunque a non avere problemi di comprensione nella sua condizione e a non essere esercitata a sufficienza nello scrivere e nel leggere l’italiano.

Se questa legge dovesse passare molti alunni con lacune e carenze nella loro istruzione sarebbero a rischio di diagnosi di dislessia.

Mi sono chiesta chi trae vantaggio da questa legge? Gli alunni no, perché non far più leggere chi ha difficoltà nella lettura ma fargli usare gli audiolibri o aspettare che la madre o l’insegnante di sostegno legga per lui il libro, non credo migliorerà la sua capacità di leggere.

Non far fare più i calcoli ad un alunno discalculo (che fa errori di calcolo) ma costringerlo ad usare la calcolatrice, non credo sia il percorso per farlo diventare un Einstein. Lo stesso dicasi per l’imposizione dell’uso del computer con il correttore automatico per chi fa errori di scrittura.

Sono un’insegnante, non sono un medico, ma ricercatori e fonti autorevoli affermano che non ci sono prove scientifiche o di laboratorio che provino l’esistenza dei disturbi psichiatrici. Ad esempio lo psichiatra Colin Ross sottolinea: "Il criterio mediante il quale i disturbi vengono inseriti nel DSM non è basato su esami del sangue, o esami fisici, è basato su una descrizione del comportamento e questo è quello su cui tutto il sistema psichiatrico si basa".

Che a trarne vantaggio siano le aziende che stanno divulgando i programmi didattici per questi alunni? Non si tratta di cifre elevate e allora quali sarebbero gli interessi che stanno dietro a queste pressioni?

Forse questa è la Testa di Ariete per aprire le porte della scuola ad un business ben più grande che grazie alle diagnosi dei "disturbi" previsti nel DSM IV, ha portato nelle casse delle case farmaceutiche un ricavo a livello mondiale di 27 miliardi di dollari con la vendita di psicofarmaci.

Sono 100 milioni le persone nel mondo che assumono psicofarmaci e 20 milioni di queste sono bambini. 
Non dimentichiamoci che in Italia ci sono 82 centri approvati per la cura dei bambini iperattivi (ADHD) e che i bambini italiani attualmente in cura con psicofarmaci sono 50 mila.

Spero che la Commissione Salute al Senato prima di approvare questa legge si informi accuratamente perché è in gioco il futuro di milioni di bambini e della nostra società.

(Lettera firmata)

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