Inventò la lobotomia, toglietegli in Nobel

Pubblicato da Redazione il
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Moniz

La proposta di revocare il Nobel ai non meritori è assolutamente condivisibile. Non solo, aggiungeremmo al nome di Egas Moniz anche quello del neuroscienziato Julius Axelrod, vincitore nel 1970 del Nobel per la medicina grazie ai lavori che posero le basi per gli antidepressivi di cui fanno parte il Prozac e lo Zoloft.


Da: Il Corriere della Sera

Londra, una campagna apre la strada al revisionismo

Inventò la lobotomia, toglietegli il Nobel

Il neurochirurgo portoghese Egas Moniz aveva ottenuto il riconoscimento nel 1949

6 agosto 2004 di Alessio Altichieri

LONDRA - L'idea è venuta a John Sutherland, un brillante columnist del Guardian, che qualche giorno fa ha posto la seguente domanda: se gli ufficiali cacciati dalla British Army perdono le mostrine, se i preti che lasciano la Chiesa si spogliano dell'abito talare, se gli avvocati o i medici che sbagliano possono essere espulsi dagli ordini professionali, come mai solo il Premio Nobel è irrevocabile? Una volta assegnato, è per sempre. Anche se l'hai vinto con l'astuzia, magari con la frode, o soltanto approfittando dell'ignoranza dei giudici, sei al sicuro.

La domanda ha un senso soprattutto in Gran Bretagna, dove i titoli elargiti dalla regina hanno grande valore: se perfino il grande fantino Lester Piggott fu spogliato del prefisso «Sir» quando fu condannato per evasione fiscale, perché un Nobel non può essere «de-nobelizzato»? La domanda è stuzzicante, perché Sutherland ha trovato un nome degno d'una campagna: il neurochirurgo Egas Moniz, portoghese, premiato con ilNobel nel 1949, oltre mezzo secolo fa. Naturalmente Moniz è oggi dimenticato, se non dai discendenti delle sue vittime, da quasi tutti. Se si prova a cercare su Google, digitando «Nobel + revoke», si scoprirà che sono due i premi che fanno ancora accendere gli animi, entrambi per la pace: quello assegnato a Henry Kissinger nel 1973, per i colloqui di pace sul Vietnam, prima che ne emergessero le responsabilità in Cile, e ancora più quello dato a Yasser Arafat nel1994, per l'illusorio accordo con Yitzak Rabin sulla Palestina. Il resto è minutaglia: una citazione per Rigoberta Menchù, perché la sua autobiografia sarebbe stata romanzata, e un accenno a due economisti che sarebbero colpevoli, chissà perché, dei «blackout» in California. Su Moniz, silenzio.

Invece Antonio Caetano de Abreu Freire Egas Moniz, nato nel 1874 e laureato a Coimbra, neurologo, letterato e politico (fu deputato, ambasciatore, ministro degli Esteri), merita un capitolo tutto suo. Perché inventò nel 1935 un procedimento che ancora oggi, benché abbandonato, ha un nome che fa paura: lobotomia.

Tutto cominciò a un congresso in cui chirurghi americani mostrarono che se agli scimpanzé si tagliavano i lobi frontali dal resto del cervello, le scimmie smettevano di saltare su e giù per la gabbia. Bella forza, direte. Ma a quei tempi, in cui da noi ancora vigevano le teorie di Lombroso e in America centinaia di neri colpiti da sifilide non vennero curati per vedere come andava a finire, la medicina non era tanto passionevole. Moniz tornò a casa entusiasta e cominciò a praticare la lobotomia sui pazienti del manicomio di Lisbona, soprattutto donne, senza alcun permesso. Fu un successone: i matti diventavano vegetali o zombie, e le corsie psichiatriche non risuonavano più di urla isteriche. Moniz divenne un eroe, premiato nel 1949 con il Nobel in quanto «uomo meraviglioso».

La tragedia furono i seguaci: l'intervento fu re-esportato in America, da un praticone di nome Walter Freeman, e, come tutto laggiù, divenne di massa. Freeman girava gli States su un'auto detta «lobotomobile», spiegando le meraviglie dell'operazione, che praticava ovunque, in sala operatoria o nel salotto di casa: con la tecnica dello «scalpello e del martello» guariva bambini dal «comportamento criminale», casalinghe che non volevano fare il bucato, omosessuali che così diventavano «moralmente sani».

Stranamente le proteste giunsero da quartieri inattesi: l'Unione Sovietica (che curava i cittadini scomodi con overdose di psicofarmaci) e i seguaci di Scientology. Naturalmente l'entusiasmo durò poco: un paziente di Moniz, che forse non era stato lobotomizzato del tutto, si vendicò sparandogli alla schiena. E Freeman perse la licenza a operare quando ammazzò una paziente con un colpo di scalpello troppo forte. Ma il Nobel a Moniz, quello, non fu mai tolto.

Eppure la vergogna fu scoperta presto. Tennessee Williams, che aveva una sorella lobotomizzata, già nel 1958 scrisse la pièce di denuncia «Improvvisamente l'estate scorsa», e poi Ken Kesey vinse un Pulitzer per «Qualcuno volò sul nido del cuculo», che divenne un film da Oscar nel 1975, con Jack Nicholson. E nel 1982 Jessica Lange fu protagonista di «Frances». Ma niente: sul petto di Moniz, sepolto ormai da quasi quarant'anni, resta appuntata una medaglia sbagliata. Neppure Christine Johnson, che ebbe un parente rovinato dalla lobotomia e conduce una campagna in difesa delle vittime (www.psychosurgery.org), ha ottenuto giustizia dalla Fondazione Nobel. Le hanno detto d'essere lieti che «la professione medica possa offrire oggi terapie molto più umane ed efficaci» della lobotomia, ma le hanno negato la revoca del premio.

Morale della storia? «Solo il governo sovietico - come beffardo notò Solgenitsin - aveva il motto "Noi non sbagliamo mai"».

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