Che cosa è la libertà?

Pubblicato da Redazione il
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Donato Salvia

Questa domanda ha assillato l’uomo per lungo tempo. Forse la libertà è consapevolezza, sapere come fare, conoscenza dei propri mezzi e dei propri limiti.

Se l’assunto sopra fosse vero potremmo affermare che qualunque strumento che aumenti la consapevolezza e la conoscenza sarebbe qualcosa che un governo democratico dovrebbe sostenere. Le biblioteche, la scuola – quella che insegna davvero –, la trasmissione di arti e mestieri, la conoscenza umanitaria e scientifica, le arti del governare e dell’economia che produrrebbero benessere per molti.

Quello che andrebbe combattuto sarebbe tutto ciò che diminuisce la consapevolezza, il conoscere, il sapere e il venire informati. In agenda avremmo immediatamente la lotta alle droghe, la falsa informazione, le nozioni alterate [1], la conoscenza inibita, il sabotaggio della scuola e qualunque pratica che rende la popolazione ipnotizzata.

Donato Salvia, scrittore e conferenziere, autore del libro “La scuola facile per genitori impegnati” e creatore del blog ioglirestoaccanto.it, si sta specializzando nella denuncia dell’abuso del digitale dei giovani e giovanissimi, argomento attualissimo trattato anche da giornalisti del calibro di Milena Gabanelli [2].

Di seguito un sunto del pensiero di Donato Salvia sull’abuso del digitale.

«La tendenza a partorire teorie dell’esistenza dei nativi digitali è una falsità che ci fa accettare un dato indiscutibile: il tempo passato dai giovani e dai bambini davanti ai monitor inibisce la loro creatività. Ecco come avviene.

Cosa serve alla fantasia di un bambino per realizzarsi? È un calcolo inversamente proporzionale. Meno il gioco è perfetto, più la fantasia può spaziare. Il pezzo di legno che diventa una spada a bordo di un battello dei pirati ne è la prova. Dai un gioco dei pirati ad un bambino su un device elettronico con figure perfette che si muovono con un suono piacevole e avrai bloccato la sua creatività.

Questa inversione di creatività, che passa dal crearla a subirla, è l'anatomia dell’ipnotismo. È il riassunto dei problemi con gli schermi, del tempo-schermo [3] nei giovani e non solo in loro. Se lo si capisce, se si arriva a vedere l'assorbimento della vita da parte dello schermo, forse siamo ancora in tempo per realizzare un mondo fuori dagli schermi.

Cosa produce il tempo-schermo in un bambino se non la propria incapacità di creare, di imparare e di essere presente?

Prendiamo un bambino di due anni e mettiamolo a giocare con dei mattoncini giganti. Lui li prenderà, ne coglierà il tatto, la possibilità di collegarli ad altri, di vedere che sono di colori differenti, e mentre noi adulti li osserviamo felici per la loro gioia, non ci rendiamo conto del lavoro di apprendimento con l’universo reale che il piccolo sta facendo. I colori, lo sforzo nell’inserire il mattoncino sopra un altro, la forza necessaria a smontarlo, tutte attività che gli consentono di apprendere.

Ora mettete lo stesso bambino davanti ad un cellulare e noterete che tutte le attività sopra svaniscono, e che, sebbene lui possa “smanettare come un grande sulle app”, state creando una ameba. Quel futuro uomo sarà in grado di programmare una macchina, ma non di far rispettare i propri diritti perché non li percepirà.

Prendiamo un bambino e lasciamolo con altri bambini e con un pallone in un cortile. Potrà portare a casa un ginocchio sbucciato, sicuramente dei pantaloni e maglietta da “buttare in lavatrice”, ma contemporaneamente avrà vissuto delle gare, un confronto con le dinamiche reali (corsa, sfida, appartenenza ad un gruppo).

Lo stesso bambino con dieci ore del gioco di football installato su pc crescerà intontito, incapace di avere una costituzione fisica che si sviluppa come dovrebbe e soprattutto ipnotizzato dalle immagini.

In una scuola che ho visitato recentemente, in cui i monitor sono vietati e gli studenti fanno le loro lezioni per un 80% del tempo nel bosco (non è una percentuale sbagliata), il responsabile didattico mi parlava di quanto fosse naturale spiegare il concetto delle leve con due tronchi disposti ad altalena. Il bambino vede le leve, le sperimenta e vi si altalena sopra.

Un programma scolastico incentrato sulla completa digitalizzazione significa uno studente che assume le informazioni senza un riferimento reale. Aggiungiamo a questo che il ragazzo o bambino, quando torna a casa da scuola e passa il pomeriggio a giocare a video games e la sera guarda un cartone, ecco un essere che ha perso la sua capacità di creare, la capacità di osservare cose vere, di toccarle e percepirle e alla fine ha perso la sua libertà.

Non mi oppongo all’uso dei device per partito preso, ma la domanda sorge spontanea: come mai i più alti dirigenti della Silicon Valley [4] monitorano e limitano l’uso dei social e dei device ai loro figli assicurandosi che facciamo le loro ore di informatica a scuola e solo quelle?

Forse che sono consapevoli dell’ipnotismo sul quale sono costruiti i loro imperi digitali?

Ci ha lasciato da poco il professor Serianni, autore di una frase ci ha colpito – almeno in me ha decisamente fatto breccia. La frase è:

Chi ha scelto di fare l’insegnante non può prendersi il lusso di essere pessimista.

Questo ci dà il metro di quello che dovrebbe essere un buon insegnate, della umanità che dovrebbe possedere e del fatto che solo un uomo o donna può insegnare. Nessun algoritmo potrà mai essere in grado di dare stima, di spronare, di colloquiare e trovare il meglio in ogni studente.

Spero di rivedervi a bordo della mia campagna Fuori dagli schermi è tutto un altro mondo».

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Vignetta bambini che giocano

Donato Salvia è presente sul web a questi link: https://linktr.ee/donatosalvia


NOTE

 [1] ⬆︎ Un esempio di nozione alterata che riguarda proprio il concetto di “libertà” ce lo offre Enrico Letta, attuale segretario del PD e membro della Commissione Trilaterale (sic!). Si veda questo breve video di 2 minuti e questo articolo di Stefano Montanari.

 [2] ⬆︎ Milena Gabanelli, https://video.corriere.it/video-embed/ec8b3ea6-f177-11ec-82b6-14b9a59f244e

 [3] ⬆︎ Il tempo schermo, in inglese screen time, è il tempo che i bambini trascorrono davanti a uno schermo, computer, TV, tablet o smartphone.

 [4] ⬆︎ Milena Gabanelli, https://video.corriere.it/video-embed/ec8b3ea6-f177-11ec-82b6-14b9a59f244e

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