Tutela o "rapimento" legale?

Pubblicato da Redazione il
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Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, molti avvocati, criminologi e gente comune, s'interrogano negli ultimi anni sul fenomeno dei bambini sottratti alle famiglie senza alcun valido motivo, ma unicamente in seguito a rapporti, opinioni, di assistenti sociali e (fantomatiche) perizie di psicologi e psichiatri.

È notizia di questi giorni che due bambini di Basiglio, da ben 40 giorni sono stati sottratti alla famiglia, solo per un disegno che, come dice lo stesso Tribunale dei minori, solleva più di una perplessità; mentre la bambina stessa e la madre non riconoscono la grafia.

Perché un'assistente sociale o uno psicologo invece di fare una verifica, scrive un rapporto che induce il Tribunale a prendere una decisione così drammatica che può di fatto segnare per sempre la vita di un bambino e della sua famiglia? Chi pagherà questo danno? Possibile che siano solo errori? Lasciamo che il lettore formuli la sua idea.

Il fenomeno in Italia coinvolge circa 40-50 mila bambini. Il costo che le amministrazioni pagano, per un bambino ritenuto vittima di "abusi", parte dai 150 per arrivare ai 300 euro al giorno. Moltiplicate questo per il numero di bambini.

Ci domandiamo qual è la logica che preferisce togliere un bambino alla famiglia di origine perché, per esempio, indigente, facendo pagare alla comunità alcune migliaia di euro quando con 800 euro si potrebbe far fronte all'emergenza immediata e aiutare il padre a trovare lavoro? Che danno esistenziale viene causato al bambino ed alla famiglia? Perché l'assistenza sociale non lavora per preservare l'integrità familiare?

Ancora, che valore hanno i rapporti e le perizie di uno psicologo o di un assistente, che il più delle volte sono unicamente opinioni? La pretesa di queste categorie è di capire da un disegno o uno scritto che esiste un abuso. I casi di Rignano e gli altri drammatici episodi, vedi Brescia, Milano, sono esemplari. Ciononostante i Tribunali continuano a fare affidamento su queste opinioni.

Qualcuno comincia a capire e a prendere posizione. Casi eclatanti sono il Giudice Edoardo Mori, di Bolzano, che in un articolo del 21 Aprile sul giornale Alto Adige, spara a zero sul valore scientifico di queste perizie e rapporti: "Il fatto che si sia dato ingresso alla psicologia come strumento probatorio è una totale assurdità", e ancora: "...non sono scienze esatte, sono scienze sperimentali. Per definizione - prosegue ancora il giudice Mori - sono strumenti che servono più che altro per manipolare la psiche e non hanno alcun bisogno di cercare la verità". Stessa linea viene sostenuta con forza dal Dott. Marco Capparella e dal Dott. Saverio Fortunato con i loro articoli su criminologia.it.

I dubbi sollevati da questi professionisti e l'azione dell'On. Francesco Lucchese, dietro invito del nostro Comitato, con la presentazione dell'interpellanza del 27 Giugno 2007 n° 630, dovrebbero essere le strade maestre da seguire. A nessuno, siano essi assistenti, psicologi o psichiatri dovrebbe essere permesso di minare l'integrità della famiglia e la salute del bambino senza una certezza dell'abuso perpetrato. I bambini urlano nel silenzio di una comunità e le vite dei genitori sono distrutte da accuse infamanti. Una società che tollera questi fatti non può definirsi civile. Qualcuno deve intervenire per porre fine a questa incredibile violazione dei diritti che mina il mattone fondamentale della società: la famiglia.

Massimo Parrino

Direttore Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus

(Tratto dal sito del CCDU)

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