Inquisizione e teocrazia

Pubblicato da Redazione il
Rubrica:

Non esiste danno più devastante, per le istituzioni e per i diritti primari del cittadino, di quello prodotto dall'intervento poliziesco e vessatorio di un'autorità inquirente che autentica e alimenta una spietata caccia alle streghe.

Ciò è ancor più deleterio quanto più la reale motivazione di un siffatto intervento, come vedremo più in dettaglio, è "deviata": non diretta a far luce su un certo fenomeno, a torto o a ragione oggetto dell'interesse sociale, ma rivolta ad autenticare la santità o sanità di pochi rappresentanti istituzionali, affetti da protagonismo o avida sete di carrierismo. In altre parole, l'obiettivo rimane sempre lo stesso: salvaguardare, attraverso quei pochi, gli interessi di potere dell'ideologia dominante, cioè la Norma maggioritaria, la media ponderale degli accordi ed interessi di dominio sociale, politico ed economico, intorno ai quali ruota l'intero sistema delle prevaricazioni e degli esclusivismi sociali. O meglio antisociali.

Le streghe, cioè gli agnelli sacrificali, i capri espiatori e le valvole di sfogo per l'efferatezza del sistema inquisitorio, si trovano ad ogni angolo: sono tutti gli invisi e scomodi "fuori-norma" (non fuori-legge, il che è tutt'altra cosa), che osano criticare e interferire con l'ideologia collettivistica dominante, o peggio ostacolarla o addirittura rinnegarla. L'agenda inquisitoria si arricchisce di tappe "evolutive" apparentemente casuali ma aventi, ognuna, un valore cumulativo, un crescendo psico-strategico inteso ad alimentare a sua volta l'indignazione della cosiddetta opinione pubblica: prima ad esempio si comincia a opprimere e reprimere i valdesi, poi i pentecostali, poi il Muccioli, poi il Verdiglione, poi i Testimoni di Geova, poi i fastidiosissimi (perché troppi e troppo rumorosi) scientologi, eccetera, ad libitum. Con il comune o comunistico o consumistico scopo di eliminare qualsiasi potenziale o reale nemico dell'Élite teocratica o psicoterapeutica dominante, uniche autorevoli guide erogatrici del benessere spirituale e psico-fisico della nazione.

Potrebbe apparire una tesi audace, se non esistessero ormai troppi riscontri storici, e non solo storici. La farsa delle loro menzogne e calunnie si è ormai fatta troppo grottesca per non venire facilmente smascherata anche dal più superficiale degli osservatori. Occorre solo armarsi di buon senso e di analisi logica, cioè della capacità di distinguere il vero soggetto, il vero oggetto ed il vero predicato. Inquisitorio ha sempre fatto rima con espiatorio, in una lunga e inarrestabile sequela di condanne esemplari e terapeutiche, spesso giustificate e suffragate dalla pretesa di esercitare un potere diagnostico ed esorcizzante sui pericolosi soggetti diversi, "fuori-norma".

Inquisire è un verbo relativistico: in esso la dimensione tempo subisce una dilatazione proporzionale all'intento persecutorio e repressivo di colui che lo coniuga. Con calma, anno dopo anno, ventennio dopo ventennio. Non c'è fretta. L'inquisitore è un analista sempre paziente, caritatevole, pio, probo, giusto e dedito al bene della comunità. La lentezza dell'agonia dell'eretico svolge l'importante ruolo di deterrente e di monito per tutti gli altri potenziali eretici. Così è sempre stato nei secoli dei secoli...

Nei secoli XV, XVI, XVII e XVIII vennero eliminate nel mondo occidentale più di 100.000 streghe, persone cioè accusate di aver stretto un patto criminale con il diavolo. Il fenomeno, se così si può definire, venne posto in essere dalla creazione di un ente preposto alla difesa dell'ideologia teocratica dominante: l'Inquisizione. Che, di quel fenomeno, fu la causa e non, come molti ancora credono, l'effetto. L'Inquisizione era nata come istituzione ecclesiastica destinata a scoprire e punire l'eresia, massimo crimine "ideologico" del tempo, essendo l'ideologia allora dominante quella della Santa Sede. Dominante a tal punto che i reati di eresia vennero secolarizzati, resi cioè perseguibili e punibili anche dai poteri secolari, asserviti alla conservazione e preservazione di un'unica Norma. La Norma, appunto, teocratica.

Norma che, alimentata dalla sete di dominio, si trasforma in Intolleranza. O, come la definisce Italo Mereu, "Intolleranza istituzionalizzata", «... che tutto abbatte e tutto unifica e tutto sottopone al raggio mortale delle sole ideologie ufficiali...». Ciò che rese possibile l'estensione del concetto criminologico di eresia a quello di stregoneria e il successivo innescarsi della grande caccia alle streghe, fu una serie di trasformazioni giuridiche introdotte in Europa tra il XIII e il XVI secolo. La prima di tali trasformazioni fu l'adozione del processo cosiddetto inquisitorio.

Prima di allora i tribunali europei avevano seguito un sistema di procedura penale che rendeva più arduo il perseguimento del crimine, specie quello di natura ideologica e religiosa. Tale sistema, normalmente definito accusatorio, era adottato nella sua forma pura dai tribunali secolari dell'Europa Nordoccidentale, ma era anche parzialmente applicato dai tribunali secolari ed ecclesiastici del Sud Europa.

In breve, il sistema accusatorio consisteva in un'azione penale promossa da un soggetto privato, solitamente la parte lesa o i suoi familiari. L'accusa consisteva in un'affermazione formale, pubblica e giurata, che innescava il processo dell'accusato davanti al giudice. Se l'accusato ammetteva la sua colpa, o se il privato accusatore riusciva a provarla (onere della prova), il giudice lo condannava. Nel corso del processo, a prescindere dalla sua forma, il giudice restava un arbitro imparziale che regolava la procedura del tribunale ma che non esercitava in alcun modo l'accusa. L'accusa era promossa dallo stesso accusatore e, se l'imputato dimostrava la propria innocenza, l'accusatore era perseguibile penalmente secondo la vecchia tradizione romana della lex talionis.

Il passaggio al nuovo sistema, indicato come inquisitorio, fu favorito dalla ripresa dello studio del diritto romano. E dalla consapevolezza che la criminalità, sia di ordine ecclesiastico che secolare, era in aumento e bisognava adottare dei mezzi più idonei a combatterla. La principale differenza fra il nuovo sistema e quello precedente fu che l'accusatore non era più tenuto a esercitare l'accusa nel corso del procedimento. Inoltre la procedura inquisitoria dava agli inquirenti la possibilità di perseguire un presunto criminale o eretico o strega solo sulla base di "informazioni" talvolta fondate semplicemente su voci o dicerie di alcuni membri della comunità. È ovvio che ciò diede luogo ad una innumerevole sequela di processi penali basati su accuse inconsistenti e, spesso, maliziose, interessate o comunque arbitrarie. Invece di limitarsi a presiedere, imparziale e neutrale, al conflitto fra due parti, il magistrato assunse il compito di investigare il crimine e di determinare se l'imputato fosse o meno colpevole. Ciò facilitò il perseguimento di ogni tipo di crimine, ma si dimostrò efficace soprattutto nell'istituire processi per eresia e stregoneria. Thomas Szasz, in un suo dettagliato studio comparativo dell'Inquisizione e della moderna psichiatria istituzionale, scrive: «Sebbene vecchio di più di cinquecento anni, il procedimento inquisitorio non pervenne realmente alla sua pienezza prima del XX secolo. La differenza fondamentale tra le procedure accusatorie e inquisitorie sta nei metodi di cui una persona o un istituto (spesso lo stato) dispongono, per imporre un ruolo sociale degradato e disonorevole ad un'altra persona (spesso il componente di un gruppo minoritario). Il procedimento accusatorio fornisce elaborate salvaguardie all'individuo, proteggendolo dal venire collocato in un ruolo prestabilito, quale quello di criminale; in genere, bisogna che vi sia prima la prova che egli abbia commesso atti proibiti per legge. Il procedimento inquisitorio toglie tale protezione all'individuo, e dà all'accusa il potere illimitato di gettare l'accusato nel ruolo prestabilito o di nemico dello stato o di malato mentale. Negli stati totalitari, i procedimenti di imposizione della legge criminale sono tipicamente inquisitori; e così sono le leggi e le pratiche di salute mentale negli stati non totalitari».

Accompagnato dall'uso della tortura per i casi più "difficili", il sistema inquisitorio raggiunse ben presto lo scopo per cui era stato introdotto: la protezione ed il consolidamento dell' ideologia dominante. Eretici e streghe apparvero ovunque in numero impressionante, e il fuoco dei roghi ricoprì di infausti bagliori tutta l'Europa, placandosi solo quando ecclesiastici e laici, preposti alla gestione della giustizia sociale, si resero conto, qualche secolo dopo, che stavano mandando al patibolo troppe persone innocenti.

In molte zone i processi contro le streghe ebbero luogo in concomitanza con i processi contro gli eretici valdesi. Accusati, entrambi i gruppi, di riunirsi segretamente e di praticare "l'infanticidio cannibalistico", ricevettero lo stesso trattamento.

Le credenze sul patto satanico stipulato dalla strega, la possessione diabolica, le riunioni in orgiastici sabba, durante i quali si sarebbero mangiati bambini, non erano, come si potrebbe a prima vista supporre, dominio della folcloristica cultura popolare di allora, ma erano divenute dogmi assimilati dalle classi più colte e più potenti, come per l'appunto, quella dei giudici. Questa assimilazione delle nozioni relative all'esistenza e alla criminogenesi della stregoneria sono riassumibili e spiegabili, secondo Brian P. Levack, professore di Storia all'Università del Texas di Austin, nel "concetto cumulativo di stregoneria": «... Si sa che ogni cultura ha sempre prodotto miti relativi a persone, dotate a volte di peculiari poteri o di caratteristiche fisiche particolari, che sovvertirebbero le norme morali e religiose della società e che perciò rappresenterebbero una minaccia al tessuto stesso di quella società. Se ne può arguire che una credenza nell'esistenza di simili individui sia necessaria per definire quelle norme, o quanto meno per rafforzare quelle che sono generalmente accettate...».

Levack descrive come, nel tempo, sia possibile costruire delle "immagini" mitiche atte a soddisfare determinate funzioni e definizioni della Norma, per esempio: «... Una di queste era l'immagine che i Romani avevano concepito dei cristiani delle origini come membri di una organizzazione segreta che praticava l'infanticidio cannibalistico e l'incesto; un'immagine che aveva acquistato popolarità sia perché i cristiani effettivamente s'incontravano in segreto sia perché il rito fondamentale della cristianità, l'eucarestia, si prestava facilmente ad essere frainteso come una forma di cannibalismo».

La trasmissione, scritta e verbale, delle credenze via via elaborate dall'opportunismo del sistema teocratico conduce alla creazione e al consolidarsi dell'immagine dell'eretico o della strega. Immagine sempre più rafforzata e autenticata dagli interventi dell'autorità inquisitoria:

«... Molte credenze colte in materia di stregoneria si svilupparono e si fusero con altre nozioni nel corso di processi a carico sia di maghi che di streghe. Lo sviluppo o la fusione furono invariabilmente il risultato dell'opera del giudice o dell'inquisitore, che mescolava l'accusa contro l'imputato con le sue stesse fantasie o ossessioni, a loro volta alimentate dalla cultura teologica o demonologica o da resoconti di altri processi in cui lui o un collega erano stati giudici. Nelle confessioni estorte, di solito con la tortura, delle attività che credeva praticate dalla strega, l'inquisitore trovava una conferma ai suoi sospetti, e perciò le credenze acquistavano validità. I risultati dei processi venivano a conoscenza di altri giudici - prima per via orale e poi attraverso manuali ad uso degli inquisitori - che utilizzavano le testimonianze rese nei processi per dimostrare le varie attività delle streghe. In questo modo il complesso di credenze colte poteva divenire cumulativo, poiché l'inquisitore di un nuovo processo avrebbe usato l'informazione contenuta nel manuale per formulare le domande da porre ai testimoni e all'accusata. Ma, al tempo stesso, avrebbe potuto utilizzare alcune accuse specifiche nei confronti dell'accusata, o la sua stessa fantasia, per aggiungere nuovi aspetti e risvolti alle accuse classiche».

«... Man mano che lo stereotipo della strega si consolidò, tuttavia, la letteratura divenne il principale veicolo di trasmissione della conoscenza relativa a quel crimine. L'importanza di quella letteratura aumentò inoltre significativamente con l'introduzione della stampa, nella seconda metà del '400. Tale innovazione fece in modo che le credenze colte si diffondessero più ampiamente e più rapidamente che nell'epoca del manoscritto».

Potenza dei mass media, molti di loro succubi ed abietti veicoli dell'informazione e disinformazione del sistema. Nefasti araldi della Norma e volgari banditori dell'Integrità teocratica ieri e di quella psichica oggi. Fertilizzano, con il loro inchiostro venefico, l'humus sociale per meglio coltivarvi e radicarvi l'ideologia dominante. "La linea totalizzante", come la definisce Italo Mereu, "imposta da chi sta a capo delle istituzioni".

Il primo trattato diagnostico sulla stregoneria fu il Malleus Maleficarum, scritto da due inquisitori domenicani tedeschi, Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, pubblicato nel 1486 e ristampato ben 14 volte. Il Malleus, valido supporto teologico per i ceti giudiziari, asseriva che chiunque avesse negato l'esistenza della stregoneria sarebbe stato automaticamente ritenuto un eretico ("Haeresis est maxima opera maleficarum non credere"). È ovvio quindi supporre che gli zelanti propugnatori del verbo inquisitorio si facessero una cultura approfondita sulla indiscutibile esistenza delle streghe, onde non incorrere nella circostanza (punibile) di farsene scappare qualcuna... E fu così che la maniera più incisiva per allontanare da sé pericolosi sospetti di eresia divenne quella di denunciare altri di stregoneria, magari facendosi passare per vittime degli stessi accusati. E inoltre l'accusare qualcuno di stregoneria era un ottimo e rapido sistema per liberarsi di un concorrente sgradito, o di una moglie divenuta insopportabile.

Ma a parte le furbizie artificiosamente architettate per sfruttare la credenza nelle streghe a fini più spiccioli e gretti, è un dato di fatto che tale credenza venne inculcata in maniera profonda e convincente anche nelle classi meno colte, mediante una vasta e capillare opera di propaganda teocratica. Un'opera di vera chirurgia sociale: la strega, voluta, teorizzata e prodotta dall'alto della Norma inquisitoria, venne finalmente ricercata, perseguita e giustiziata con il supporto estorto dal basso della comunità. Tale supporto venne lentamente ma incisivamente conseguito istruendo la popolazione, per esempio, mediante la lettura pubblica delle accuse contro le streghe effettuata in occasione della loro esecuzione. O sfruttando il diffondersi di un grande panico (pestilenza, carestia, ecc.), facendone ricadere la causa e la colpa sulla stregoneria e mettendo in circolazione voci a proposito. E, non ultime, le prediche dai pulpiti e nelle piazze, che ripetevano ossessivamente gli slogan funesti dei vari trattati e bolle pontificie sull'argomento.

Ogni riferimento al ruolo dei sistemi propagandistici usati nel XX secolo da certi nostri modernissimi ed integerrimi mass media, fabbricatori della disinformazione del regime, è qui volutamente evidenziato e non certo casuale. Mutatis mutandis.

In Italia, uno dei massimi esegeti delle teorie e pratiche contemplate nel Malleus Maleficarum, fu il frate milanese Francesco Maria Guazzo, autore di quella che fu definita l'opera italiana più esaustiva per diagnosticare e reprimere il pericolo della stregoneria: il Compendium Maleficarum (1608). Seppur tardivo, il trattato di Guazzo, che attinge a centinaia di altre autorevoli fonti inquisitoriali, dimostra come fosse ormai ben radicata, anche nei ceti più colti, la convinzione dell'esistenza di numerosi individui che avevano fatto un patto scellerato con il demonio, che si dedicavano a maleficia di vario genere, che partecipavano collettivamente a sabba e cerimonie sataniche in cui venivano bruciati e mangiati infanti, calpestate le croci in segno di abiura e battezzate le nuove promesse spose del Diavolo.

Brian Levack conduce un'accurata analisi dell'atmosfera impregnata di fervente devozione cristiana e profondo senso del peccato di quei secoli. L'etica dominante era quella cristiana e praticamente tutti gli aspetti della vita vi venivano riflessi e con essa misurati e raffrontati. Il peccato era una qualsiasi trasgressione a quell'etica, sottoscritta in ore di penitenze e autopunizioni corporali, assimilata in lunghe e sofferte orazioni corali, subita in prediche colpevolizzanti ed enfatiche. Il reato non era altro che la traduzione secolarizzata della trasgressione morale a quell'etica dominante, senza la quale non avrebbe avuto natura criminosa. Esso scaturiva direttamente, prendeva corpo dalla matrice ideologica dominante, quella cioè cristiana cattolica romana. Ad essa allacciato da un indissolubile legame teologico. E punito, prima che dal potere secolare, da un insopportabile senso di colpa.

«... Quando una persona provava questo senso di colpa, naturalmente, faceva il possibile per sbarazzarsene, e uno dei modi cui faceva ricorso più frequentemente era quello di trasferirlo su un'altra persona. Nemmeno la confessione dei cattolici e degli anglicani poté evitare che si verificasse questo fenomeno di proiezione. Oggetto ideale di questa proiezione era la strega, una persona che nella visione della società del tempo incarnava il male. In quel modo indiretto la strega offriva sia all'individuo che alla comunità un'occasione per rassicurarsi sul proprio valore morale».

«... Nel caso dei preti, un peccato frequente era l'incontinenza sessuale. Spesso, quando i preti provavano un profondo senso di colpa e di debolezza morale, proiettavano la propria colpa sulle streghe e si impegnavano attivamente nella loro cattura e nel loro interrogatorio. Poiché le streghe erano solitamente donne - in un certo senso, il simbolo stesso della sessualità - il meccanismo di proiezione era abbastanza evidente. Nel procedere contro le streghe, inoltre, i preti non agivano da soli, ma congiuntamente ad altri membri della comunità, ai quali i preti avevano trasmesso il messaggio del cattolicesimo riformato. Le streghe divennero perciò non solo l'oggetto della proiezione della colpa dei preti ma anche i "capri espiatori" di un'intera comunità che stava lottando per affermare un nuovo ordine morale».

Questa forma di transfert criminologico, di cui Hubbard tratta ampiamente in alcuni suoi scritti definendola "criminal mind" (la mente criminale), si manifesta con: 1) una trasgressione alle regole dell'etica dominante (quindi "immorale" in quanto contraria ai "mores" dell'epoca); 2) il tentativo, talvolta vano, di tenere nascosta la trasgressione; 3) un conseguente senso di colpa latente; 4) il tentativo di sfuggire ad una paventata incriminazione mediante l'autenticazione della propria integrità morale, proiettando su altri la propria colpa. Levack, dopo un accurato esame della metodologia adottata dall'Inquisizione nel perpetrare i più indicibili e vergognosi errori giudiziari che la storia annoveri, formula un motivato giudizio, che fa sicuramente indulgere in più di una riflessione amara e perfettamente applicabile ai nostri attuali "mores" e tempi:

«... Quando, perciò, nel mondo moderno vari tribunali o commissioni di indagine conducono interminabili inchieste nei confronti di presunti movimenti sovversivi di natura politica, ideologica o religiosa, nel presupposto che tale indagine porterà a rivelare i nomi e le attività dei nemici della società, siamo di fronte a un fenomeno che presenta una forte somiglianza con le centinaia di cacce alle streghe svoltesi in Europa all'inizio dell'Età moderna».

Quando un sistema giudiziario si sente autorizzato dalla Norma a prevaricare i diritti naturali degli utenti della giustizia stessa e giunge al punto di proiettare le proprie colpe su altri membri della comunità per rivendicare la propria santità o rettitudine morale, allora le tenebre di una nuova inquisizione si stanno abbattendo sulla società. Inizia il declino irreversibile di quell'ideologia dominante nel cui nome sono state commesse troppe infamie, troppe turpitudini paludate sotto le sembianze di una giustizia che sta inevitabilmente perdendo ogni credibilità e decenza.

Ma, si dirà, tutto questo è avvenuto qualche secolo fa. Oggi è un'altra cosa. Non è razionalmente ammissibile che si ripetano scelleratezze come quelle dei secoli bui. Nello stato laico moderno, la teocrazia è estinta. Perché parlare ancora di inquisizione? È solo un parallelismo storico facilmente confutabile come surrettizio e opportunistico? Come vedremo più in dettaglio nei prossimi capitoli, l'attuale inquisizione è molto più perversa e pericolosa della precedente, proprio perché la sua perversione e la sua pericolosità si esplicano e si mascherano all'ombra di quell'avverbio che avrebbe dovuto, in teoria, prevenirla: "razionalmente". Attraverso cioè il paradigma razionale, moderno, scientifico dell'induzione e del sospetto.

Gabriele Segalla 
dal libro La strategia del Sospetto

Bibliografia

Italo Mereu. "Storia dell'Intolleranza in Europa", Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas, 1988

Thomas S. Szasz. "I manipolatori della pazzia - Studio comparato dell'Inquisizione e del Movimento per la salute mentale in America", Feltrinelli Editore Milano, seconda edizione luglio 1976

Brian P. Levack, La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Editori Laterza

L. Ron Hubbard, "The Criminal mind", HCOB 15 September 1981

Categoria: