Il potere di persuasione della propaganda

Pubblicato da Redazione il
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Fidel Castro

Chi va in giro a disegnare svastiche sui muri o scritte inneggianti allo disgraziato regime fascista viene considerato, nel migliore dei casi, un mentecatto manipolato da altrui volontà. Oppure viene considerato, probabilmente a ragione (come nel caso precedente del resto), un individuo violento e socialmente pericoloso. Se alcuni di questi individui "nostalgici" dovessero riunirsi e dare vita ad un gruppo di "Fedeli di Benito" potrebbero anche avere dei guai giudiziari per ricostituzione del disciolto partito fascista. Fin qui non si sta dicendo nulla di nuovo, e nella maggior parte dei casi siamo tutti d'accordo che il fascismo fu un male e che è compito di ciascuno di noi far sì che tale male non abbia più a ripetersi.

Storicamente, però, ai tempi del fascismo c'era già anche un altro male che ha causato milioni di morti, addirittura in misura maggiore del famigerato nazismo di Hitler: Lenin prima e Stalin poi nell'URSS comunista, seguiti successivamente da Mao nella Cina comunista, Fidel Castro e Ernesto Guevara detto "el Che" nell'America centro-meridionale, sono stati (Fidel lo è ancora) assassini che nulla avevano da invidiare agli assassini nazisti. Eppure essi sono tutt'oggi dei "simboli" politici sinonimo di "libertà", i loro volti campeggiano sulle bandiere rosse che vengono sventolate nei cortei che invadono le nostre città. Professarsi comunisti non costituisce nessun reato. Chi si fa tatuare il volto di Guevara sul corpo come ha fatto Diego Armando Maradona, il "fedele" amico di Fidel Castro, o come fanno da 40 anni alcuni giovani italiani "impegnati", non viene considerato un mentecatto manipolato da altrui volontà, né un individuo violento e socialmente pericoloso, anzi fa "figo" ed è "politically correct".

Leggendo Raffiche di regime (L'Espresso, maggio 2003), un breve excursus sul personaggio Fidel Castro e sulle sue recenti iniziative per salvaguardare la libertà e i Diritti Umani sull'isola di Cuba, ci si può rendere conto di quanto egli assomigli ai vari Mussolini e Pinochet. Eppure Mussolini e Pinochet sono dei "bastardi reazionari", il compagno Fidel Castro è un "paladino della rivoluzione proletaria", tanto che il Papa è andato a trovarlo e poi l'ha invitato a Roma come fossero vecchi amiconi, mentre un amministratore toscano si è sentito di dover "giustificare" davanti alle telecamere le recenti uccisioni di Castro.

Questo è il potere di persuasione della propaganda.

Il potere di persuasione della propaganda fa sì che individui, anche intelligenti, adottino idee, concetti e giudizi senza averli minimamente osservati e valutati. Questo meccanismo crea degli automi pericolosi pronti a scendere in corteo (sempre in corteo poiché l'unione fa la forza, ma sarebbe meglio dire che insieme si è leoni, da soli si è coglioni) a urlare slogan assurdi che, proprio perché sono assurdi e illogici, sfuggono ad una comprensione razionale aumentando così il potere di persuasione della propaganda. Quando vedo una ragazza o un giovanotto con un tatuaggio di Guevara sulla spalla dubito che lei/lui sappia chi fosse Guevara e cosa rappresenti veramente quel simbolo. Probabilmente sono cresciuti in un ambiente in cui qualche persona cara (un familiare, un amico, un insegnante carismatico, o una combinazione di questi) parteggiava per Guevara ed essi di riflesso hanno iniziato a parteggiare per Guevara ottenendo, oltretutto, gratificazione dalla persona di riferimento. Da lì in poi Guevara (che è solo un esempio, potrebbe essere una fede calcistica o qualsiasi idea, concetto e giudizio) diventa nella mente dell'individuo una "verità assoluta" e chi la contrasta è un nemico: vi ne sono molti esempi di ciò, a partire dagli scontri tra tifosi imbecilli (e si badi bene che non la sto mettendo sul piano del banale: l'assurdità e l'imbecillità di certa tifoseria è uguale all'assurdità e imbecillità di certa politica o partecipazione politica).

Tramite il potere di persuasione della propaganda succede che un individuo adotti un'idea politica senza comprenderla veramente e che continui a sostenerla nonostante gli ovvi motivi per cui sarebbe il caso di cambiare. Esempi storici sono il fascismo, il nazismo e ilcomunismo. Se avessimo detto ad una camicia nera che la sua era una "fede illogica" avremmo preso un sacco di manganellate. E se dicessimo a quella ragazza o quel ragazzo che il tatuaggio di Guevara è illogico oltre che anacronistico? Sgranerebbero gli occhi, ci ispezionerebbero da cima a fondo per capire da che pianeta veniamo, diventerebbero paonazzi dall'ira e in un batter d'occhio ci assalirebbero di epiteti (anch'essi rigorosamente imparati/inculcati tramite persuasione della propaganda) tanto infuocati quanto scurrili e ci taccierebbero di essere dei reazionari fascisti. E se dicessimo a Fidel Castro che la sua politica è illogica?... ho sempre sostenuto che le differenze tra fascismo e comunismo sono solo astratte e non sostanziali: che differenza c'è tramorire ammazzati da un fascista, un nazista o un comunista?

La propaganda è il meccanismo per cui abbiamo ben due partiti comunisti in Italia nonostante il comunismo stia producendo da un secolo (cento, diconsi cento anni) morte, oppressione, dittatura, disastri economici e sociali (però la propaganda dice che è il partito dei lavoratori!?... sarebbe il caso di chiederlo ai lavoratori russi, cinesi o cubani che tipo di partito è, ma la persuasione della propaganda impedisce perfino di riuscire a farsi venire un simile dubbio). Ed è sempre questo meccanismo che ha permesso ai preti di controllare le genti d'Europa e d'America, di giudicare, bruciare, spogliare in nome di un Dio di cui loro e solo loro sono gli intermediari. È sempre lei, la persuasione della propaganda, che trasforma ragazzi giovanissimi in bombe umane da lanciare contro il nemico al grido di "Allah".

Ed è ancora lei, vestita di bianco con gli occhiali calati sul naso e gli alambicchi in mano, che ci fa credere che soffriamo di tutte le malattie del mondo, soprattutto le malattie mentali, le ansie tanto pericolose quanto impalpabili e proprio per questo ancor più pericolose: potresti averne qualche decina addosso senza neanche saperlo! È lei che ci fa trangugiare quantità impressionanti di costose e dannose pillole salvifiche e che ci convince a farle trangugiare ai nostri figli. È il grande potere di persuasione della propaganda!


  Da: L'Espresso

Raffiche di regime

Arresti e processi per i dissidenti. Tre fucilati.   
Così Fidel Castro approfitta della guerra in Iraq

Maggio 2003, di Roberto Fabiani

Sarà vero che invecchiando si diventa o più buoni o più cattivi. Arrivato a 76 anni (e dopo averne passati 44 a governare Cuba con pugno di ferro, raramente guantato di velluto) Fidel Castro è diventato palesemente più cattivo. E anche più furbo. Il 20 marzo scorso, all'ora in cui su Baghdad cadeva il primo missile americano, cominciava la guerra e tutto il mondo guardava all'Iraq, ha scatenato la sua polizia segreta contro 78 "dissidenti", tra cui molte personalità tra le più note dell'isola: arrestati con operazioni tanto spettacolari quanto inutili, processati in una mattinata in vari tribunali (vietato l'ingresso a diplomatici e giornalisti) condannati a pene variabili dai dodici anni (i più fortunati) al quarto di secolo. Accusa vaghissima quella dei tribunali del regime: «attentato alla sovranità, integrità, indipendenza dello Stato cubano». La prova: contatti con il rappresentante Usa a Cuba James Cason.

Una settimana più tardi ne ha fatta un'altra: fucilati all'alba tre giovanotti scavezzacollo. Stufi di vivere in una prigione a cielo aperto, bellissima quanto si vuole ma pur sempre prigione dove non manca solo la libertà ma anche da mangiare, il 2 aprile avevano sequestrato armi alla mano un traghetto nel porto de L'Avana e ordinato all'equipaggio di far rotta sulla Florida. Catturati subito, per fine del carburante, dieci giorni dopo erano al muro.

Se il dittatore caraibico pensava che la doppia impresa sarebbe passata inosservata, visto che l'attenzione universale era presa dalla vicenda di un altro dittatore mediorientale, ha sbagliato i calcoli: è partita una raffica corale di esecrazioni comprendente Paesi da sempre indulgenti verso la dittatura come la Francia (che ha definito Cuba "zona di solidarietà prioritaria") e il Venezuela (che a Cuba fornisce petrolio senza nessuna speranza di essere mai pagato), passando per quelli che il regime castrista definisce "leccascarpe degli americani" (Uruguay in testa e Messico al seguito) per finire all'Unione Europea e al Vaticano: questi ultimi mantengono buone relazioni col governo di Fidel Castro, ma non possono certo chiudere gli occhi davanti alle fucilazioni e a sbrigativi processi di massa. In Italia, tutto l'imbarazzo della sinistra che ha inneggiato per anni alla "bella rivoluzione cubana" ha trovato voce su "il Manifesto": un editoriale di quel monumento vivente che è Pietro Ingrao da far accapponare la pelle.

E dire che era stato proprio il Vaticano a far brillare un po' di luce nelle tenebre del "partito unico cubano". Quello storico viaggio di Giovanni Paolo II a Cuba (gennaio '98) durante il quale vennero aperte le galere a duecento prigionieri politici e iniziò un periodo di briglie lunghe nei confronti di chi avesse qualche critica da muovere al comandante supremo. L'opposizione si organizzò e l'anno scorso lanciò il "progetto Varela", dal nome di un prete del XlX secolo, padre spirituale della nazione cubana. La Costituzione prevede che i cittadini possono presentare al Parlamento progetti di legge se accompagnati da diecimila firme. Un comitato guidato da Oswaldo Paya, presidente del Movimento cristiano di liberazione, Elizardo Sanchez Santa Cruz, presidente della Commissione cubana per i diritti dell'uomo e per la riconciliazione nazionale, Hector Palazios del Centro studi per la dissidenza cubana (due condanne e lunga prigione alle spalle) redasse con toni pacati un progetto per ottenere il rispetto delle libertà fondamentali: associazione, parola, stampa, impresa. Raccolse 11.020 firme, un record in un Paese di undici milioni di abitanti, dove metà della popolazione è occupata a spiare l'altra metà e c'è un poliziotto ogni 654 abitanti. Umile presentazione alla "Assemblea nazionale del potere popolare" e sparizione nei cassetti.

Senonché dopo poche settimane, maggio 2002, arriva a Cuba Jimmy Carter, ex presidente Usa e ora profeta dei diritti dell'uomo. Castro, in impeccabile doppio petto, lo scarrozza cinque giorni per l'isola, lo fa parlare all'Assemblea e Carter si scatena, in spagnolo, in una filippica trasmessa in diretta dalla radio e tv di Stato. L'unica. Dice che gli Usa fanno malissimo a mantenere un embargo che dura dal 1962 (con le sanzioni americane Castro giustifica da quarant'anni tutti i suoi insuccessi) ma aggiunge che Cuba è strangolata sopratutto dal sistema del partito unico e dalla mancanza di libertà. E chiude: «Quando i cubani potranno cambiare le leggi pacificamente e col voto, il mondo vedrà che sono loro e non gli stranieri a decidere l'avvenire del Paese». Castro balza in piedi, applaude, lo abbraccia e lo accompagna all'aeroporto. In divisa.

Brutto segno, quando il compagno Fidel si mette in uniforme. Infatti, un mese dopo, l'Assemblea vota un emendamento alla Costituzione: "Il sistema di governo socialista è irrevocabile". E i cubani, che sono gente spiritosa nonostante i guai che passano, commentano sottovoce: «È stato decretato che il disastro è irrevocabile».

Poi le galere politiche vuotate in onore del Papa ricominciano a riempirsi: prima dell'ultima retata i prigionieri per reati d'opinione erano 210.

Contemporaneamente continuavano a vuotarsi le tasche e le scodelle dei cubani. Quarantaquattro anni di dittatura del partito unico (e anche dell'uomo unico) hanno prodotto il seguente risultato: reddito medio, quindici dollari al mese (dieci un operaio, venti un medico dell'ospedale); debito estero a quaranta miliardi di dollari (che fa 3.200 dollari per abitante); razionamento alimentare con una tessera che consente di acquistare a prezzi stracciati una quantità di cibo che basta per dodici giorni al mese. Questo in un'isola benedetta da Dio circondata da un mare pescosissimo e dove undici milioni di persone stanno su un territorio grande un terzo dell'Italia. E non è finita. All'inizio di aprile il compagno Fidel, che ormai la divisa non se la toglie più, dopo aver proclamato solennemente che «Cuba è il Paese dove i diritti dell'uomo sono più rispettati e ha il governo più democratico del pianeta», ha avvertito i sudditi che li attende «un anno di sacrifici, sforzi e lotta», da affrontare con il consueto «eroismo rivoluzionario». Tradotto significa che le cose vanno di male in peggio e bisogna fare un altro buco alla cinta.

Se i cubani non sono ancora morti di fame lo debbono a due voci: due milioni e mezzo di emigrati (o se si preferisce fuoriusciti) mandano a casa 800 milioni di dollari l'anno; settecentomila turisti ne portano altri novecento milioni. Con questi soldi il regime mantiene i suoi due fiori all'occhiello: un sistema sanitario capillare e di primissimo ordine, nonostante la difficoltà a procurarsi medicine a prezzi accessibili e un sistema scolastico cui non sfugge neppure il figlio di un pastore della Sierra Maestra.

Non avanza niente per fare altre cose. Neppure per manutenere quegli stupendi palazzi in stile coloniale sparsi un po' ovunque nell'isola e che cadono a pezzi. L'Unesco li ha dichiarati "Patrimonio dell'Umanità". Un gruppo di imprenditori napoletani invece ci aveva messo gli occhi sopra, offriva restauri in cambio di utilizzarne alcuni come alberghi. Mancava solo la firma e per questo era pronta a partire una delegazione guidata dal governatore campano Antonio Bassolino. Tutto a monte. Che accordi fai con uno che fucila tre scavezzacollo perché hanno dirottato un traghetto senza far male a nessuno?

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