Imperatrice nuda

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Si è fatto un gran parlare di etica della sanità e di bioetica. Si parla sempre più insistentemente di biogenetica e di clonazione, anche umana. In Olanda l’eutanasia è diventata una pratica “medica” legale, eccetera, eccetera, eccetera.

Seguono alcuni brani tratti dal libro di Hans Ruesch Imperatrice Nuda, Civis Edizioni, 1989, che possono dare un contributo a chiunque nel formarsi una propria opinione sull’argomento della sanità e, soprattutto, della gestione della propria salute.

Il libro fu pubblicato in Italia per la prima volta nel 1976 da Rizzoli. Sono passati 25 anni da allora, eppure l’attualità di quanto narratovi è impressionante: le variazioni più significative stanno nel cambio valutario, poiché 15 miliardi di dollari non sono più solo 10.000 miliardi di lire, bensì oltre 30.000 (circa 17 miliardi di €), e negli stanziamenti a favore della “ricerca medica” che sono aumentati enormemente. Lasciamo a chi legge il compito (il gusto, o il disgusto) di trovare analogie e similitudini con la situazione attuale del “mondo sanitario” e “farmacologico”.

In base ai dettami della nostra Costituzione, art. 32, «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e come interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

Dunque la salute è un diritto fondamentale inviolabile. La medicina e la relativa ricerca scientifica dovrebbero, quindi, essere orientate nell’esclusivo interesse dell’individuo, e dovrebbero portare ad un evidente miglioramento della salute e del benessere degli individui-pazienti.

Tuttavia un dubbio ci “rode” e vogliamo condividerlo: se i meteorologi fanno fatica a prevedere che tempo farà fra 3/4 giorni, e spesso sbagliano anche il tempo di domani, come fanno i “medici-farmacologi” a sapere con molti mesi di anticipo che «anche quest’anno ci sarà l’influenza, verrà da … l’Australia, la Cina, ecc., e metterà a letto cinque milioni di italiani…»?. Come fanno a conoscere così bene quel particolare tipo di “nuova influenza” – che deve ancora arrivare – tanto da preparare con largo anticipo il vaccino appropriato in quantità, manco a dirlo, uguali alle previsioni del numero di ammalati? E come mai giornali e telegiornali tutti gli anni “annunciano”, a partire dalla fine dell’estate, l’arrivo della nuova influenza, dando i numeri di quanti verranno colpiti, ma tranquillizzando gli “spaventati” cittadini che i vaccini sono già pronti e aspettano di essere acquistati in farmacia? Non è per caso – è solo un dubbio – che queste influenze sono un tantino pilotate?

Ah, che eresia! Dubitare della “scienza”…

FREE SOULS

Imperatrice nuda

di Hans Ruesch

Com’è possibile?

Il termine “vivisezione” si applica a tutta la sperimentazione animale atta a causare sofferenze, dunque oltre a quella che comporta mutilazioni e interventi cruenti, anche a quella compiuta con sostanze deleterie, veleni, bruciature, scosse elettriche, privazioni varie, torture psicologiche squilibranti e così via. In tal senso il termine veniva già usato dai fisiologi del secolo scorso che iniziarono la pratica su larga scala e verrà usato anche in questo trattato. Per “vivisezionista” s’intende ogni partigiano della vivisezione, per “vivisettore” chi compie materialmente gli esperimenti o vi partecipa.

L’eufemismo pseudoscientifico per “vivisezione”, impiegato dalla sottocultura dei laboratori, è “ricerca di base” o “ricerca su modelli”, mentre “modello” è l’eufemismo per “animale da esperimento”.

Se è vero che la maggioranza dei medici difende la vivisezione, è altrettanto vero che i più non sanno che cosa difendono, perché non ne sospettano lontanamente l’inerente fallacia e crudeltà. I più hanno assistito solo a qualche rara esibizione vivisezionista all’università, poi hanno cercato di dimenticare ciò che hanno visto. La maggioranza dei medici non ha mai messo piede in un laboratorio, così come la più parte dei vivisettori non ha mai passato cinque minuti al letto di un malato. E ciò già perché i vivisettori sono di solito individui che, dopo avere conseguito la laurea in medicina, sono stati bocciati all’esame di abilitazione all’esercizio della professione. È sintomatico che quei medici i quali non hanno esitato a denunciare la vivisezione sono sempre stati tra i più eminenti. Più che di una minoranza, si tratta di una élite.

[ … ] La vivisezione si regge su quattro pilastri principali:

  1. i suoi fautori hanno imparato a operare nella più ermetica segretezza; 
  2. attraverso un’intensa propaganda finanziata dai sussidi statali e dai favolosi profitti dell’industria farmaceutica, essa è riuscita a far credere ai più di essere una specie di opera pia che lavora giorno e notte per il bene dell’umanità anziché nel proprio interesse materiale; 
  3. il grosso pubblico, che preferisce non sentir parlare di vivisezione, il cui solo pensiero lo fa rabbrividire, si rifiuta di credere che individui con tanto di titolo di studio possano commettere crudeltà che all’uomo normale sembrano inconcepibili; 
  4. poiché la lotta alla vivisezione non apporta benefici, ma costa tempo e danaro, i movimenti antivivisezionisti sono deboli, privi di mezzi adeguati o potere politico, e quindi hanno difficoltà a farsi sentire.

[ … ] Con quanta abilità gli interessati riescono a nascondere la verità lo dimostra il caso di Augusto Guerriero, per tanto tempo uno dei giornalisti più acuti e meglio informati d’Italia, il quale è dovuto avvicinarsi all’età di ottant’anni prima di scoprirla e fare la seguente confessione nei suoi Discorsi di Ricciardetto:

«Anche io ho creduto fino ad oggi che si rispettasse la legge. Anche io, come tanti ingenui, ho creduto che questi esperimenti crudelissimi si facessero su animali narcotizzati e che subito dopo l’esperimento si sopprimesse la vittima. Sono arrivato alla mia tarda età nell’ingenua opinione che i professori di università, i direttori di cliniche e ospedali dovessero avere, se non un po’ di cuore, un Po’ di senso della decenza, e diciamo pure la parola giusta: che non potessero delinquere. Sì, delinquere, perché violare una legge che commina sanzioni penali, è delinquere. Ero in errore. Nelle nostre università, nelle nostre cliniche avvengono cose orribili, sotto la direzione di docenti che potranno essere grandi medici o chirurghi, ma certo sono dei bruti». (Epoca, 19-2-67)

L’Uomo e l’animale

Come la maggior parte degli uomini di pensiero, Augusto Guerriero si è rifiutato di esaminare la validità o meno della vivisezione come modello di ricerca. Secondo lui, il fatto che questo metodo infligge inenarrabili sofferenze a un numero illimitato di creature sensibili, dovrebbe essere ampiamente sufficiente per squalificarlo da tutti i punti di vista, anche se, anziché arrecare danni, apportasse benefici all’umanità.

Invece è interessante constatare come proprio degli uomini di scienza, tra cui il famoso fisiologo, chirurgo e medico Sir Charles Bell, hanno rilevato che questo metodo di ricerca è anche antiscientifico proprio perché disumano: perché praticato da persone insensibili o incallite, nelle quali le qualità più squisitamente umane sono state distrutte o non sono mai esistite; dunque persone prive di vera intelligenza, la sensibilità essendo una componente, e non certo la minore, dell’intelligenza umana.

[ … ] La pretesa di trovare cure per i malanni umani infliggendo deliberatamente torture agli animali contiene due errori fondamentali: il primo sbaglio consiste nel voler estrapolare all’uomo risultati ottenuti su altre specie, le quali reagiscono in modo diverso dall’uomo. Il secondo errore riguarda l’inattendibilità della ricerca sperimentale nel campo della vita organica in sé. Dato che gli animali reagiscono in modo del tutto differente e spesso opposto all’uomo, qualsiasi nuovo prodotto o metodo provato sugli animali va sperimentato daccapo sull’uomo, mediante prove cliniche, con le dovute cautele, prima che vi siano garanzie di sicurezza. Questa regola non conosce eccezioni. Per cui ogni prova sugli animali non solo rischia di portare a conclusioni errate, con tutti i pericoli che ne conseguono, ma ritarda e fuorvia la ricerca clinica, che è l’unica valida.

Nonostante ciò, le autorità sanitarie, formate alla mentalità vivisezionista, le richiedono nella maggior parte dei paesi, tra cui da pochi anni quelli del MEC (l’attuale CEE – N.d.R.), e i produttori di farmaci e cosmetici le compiono anche quando non richieste, a scanso di responsabilità. Questo spiega la lunga lista di prodotti perfezionati in laboratorio, ossia ritenuti innocui in base a prove animali, ma che col tempo si rivelarono rovinosi per l’uomo.

Così si va dal Paracetamol, un analgesico per il quale nel 1971 vennero costrette al ricovero in ospedale in Inghilterra 1500 persone, ai casi più gravi dell’Orobilex, che causò danni renali mortali rivelatisi solo dopo le autopsie, dell’Isoproterenol, uno spray che uccise migliaia di asmatici in Europa, America Latina e Australia – tanto che il dott. Paul D. Stolley dell’Ospedale Johns Hopkins parlò del «peggiore disastro da medicinale mai registrato» (Science-Nature Annual 1973, ed. Time & Life) –, del Talidomide, che produsse 10.000 bambini focomelici, del Metaqualone, lo psicofarmaco che procurò squilibri mentali tra cui centinaia con esito mortale, del MEL/29, che causò cataratte, del Cloramfenicolo, responsabile di alterazioni mortali nel sangue, dello Stilbestrolo rivelatosi causa di cancri. In verità è ingiusto fare solo pochi nomi. Se ne dovrebbero fare migliaia. Lo scandalo dei farmaci sul prontuario dell’INAM (poi divenuto Servizio Sanitario Nazionale, S.S.N. – N.d.R.), di recente memoria, è stato sbandierato a sufficienza da tutta la stampa italiana. Comunque il fenomeno non ha frontiere.

Naturalmente la fallacia del metodo si esprime anche in senso inverso, precludendo l’impiego di farmaci benefici. C’è il grande esempio della penicillina, che non sarebbe mai entrata in uso se prima che sull’uomo la si fosse sperimentata sulle cavie, poiché queste ne rimangono fulminate.

[ … ] Esistono bacche di bosco letali per l’uomo, ma gli uccelli se ne nutrono. Una dose di belladonna che ucciderebbe un uomo non nuoce né al coniglio né alla capra. Cavie e scimmie sopportano la stricnina, l’uomo no. Il calomelano, che non influisce sulla secrezione di bile del cane, può triplicarla nell’uomo. Per contro la digitalina, che alza pericolosamente la pressione del cane, non influisce su quella dell’uomo.

La datura e il giusquiamo sono veleni per l’uomo, ma cibo per la chiocciola. L’amanita falloide, un fungo di cui basta una dose minima per distruggere un’intera famiglia umana, può essere consumata impunemente dal coniglio, uno degli animali preferiti dagli sperimentatori. [ … ] Si potrebbe andare avanti così riempiendo volumi interi, ma è da ritenere che chiunque non sia un maniaco della vivisezione abbia ormai capito che sarebbe difficile trovare un metodo di ricerca più assurdo e meno scientifico.

La ricerca sperimentale

Ancora più assurdi sono gli esperimenti che si pretende di fare sul cervello degli animali, come se si trattasse di cervello umano.

Sentiamo che cosa ebbe a dire in proposito un vivisezionista, il prof. Silvio Garattini (Epoca, 14-10-1973):

«Questa spiacevolissima cosa, cioè l’uso di animali per esperimenti, ha la sua utilità, per esempio nello studiare sulla scimmia modelli di epilessia umana».

Dunque si prendono scimmie traumatizzate dalle violenze che hanno dovuto subire durante la cattura e i trasporti, dalle scene allucinanti a cui devono assistere nei laboratori, dalle nuove violenze quando vengono imprigionate nelle sedie di contenzione, dalla foratura del cranio – intervento altamente traumatico – per gli inserimenti degli elettrodi, e mediante prolungate torture, di solito a base di scosse elettriche, le si fanno impazzire, finché esse manifestano certi sintomi che esteriormente somigliano a volte a quelli dell’epilessia umana (schiuma alla bocca, convulsioni, ecc.), ma che ovviamente con quest’ultima non hanno nulla a che fare, poiché provengono da una condizione del tutto diversa, indotta artificialmente, laddove l’epilessia umana insorge dall’interno, spontaneamente. E provando su queste scimmie impazzite una varietà di droghe – intese ad assicurare alle ditte farmaceutiche lauti profitti – si pretende di trovare una cura all’epilessia… E a simili metodi, oggi, si pretende dare il nome di “scienza”: il che è un insulto alla vera scienza nonché all’intelligenza umana.

[ … ] Una delle ultime trovate dell’odierna “ricerca medica” per fare soldi è l’invenzione dei farmaci che promettono di migliorare la circolazione cerebrale. C’è chi teme la vecchiaia e il declino delle facoltà mentali anche più della morte. Questo giustificatissimo timore rappresenta una vera pacchia per gli sperimentatori e le ditte farmaceutiche. Come procedono? Ormai il lettore avrà capito, sarebbe capace di farlo da sé. Si tratta di afferrare un buon numero di animali – ratti, cani, scimmie e i soliti abbondanti e resistentissimi gatti – e infliggere violenti traumi ai loro cervelli. Con una buona martellata in testa gli “scienziati” di laboratorio risolvono brillantemente tale problema. Su questi cervelli traumatizzati si provano poi vari medicinali: come se un difetto di circolazione cerebrale causato da una martellata equivalesse a un difetto che piano piano insorge da sé in un cervello il quale sta raggiungendo la fine del suo arco vitale, o è sclerotizzato dall’abuso di tabacco, alcool, cibo, dalla mancanza di moto, di aria fresca, spesso anche di attività mentale, ecc. Ognuno sa cosa deve fare per mantenersi sano e conservare il più a lungo possibile le proprie facoltà mentali. Ma certo è più comodo ingoiare un paio di pillolette, sviluppate a botte di martello sui cervelli di svariati animali, e sperare nel meglio.

Qualcuno vorrebbe forse insinuare che tali pillolette non servono a nulla? Sarebbe un ingenuo: servono, e come! A rimpinguare le casse dell’industria più redditizia del mondo, oltre che a rovinare vieppiù un fegato già intossicato dal modo di vivere sopra descritto, elicitando la necessità di ricorrere ad altri farmaci ancora.

Una fonte tutta d’oro

Intanto è lo spauracchio del cancro che si è rivelato come una delle più forti armi dei vivisezionisti. In una recente conferenza all’Università del Wisconsin lo scienziato americano Howard M. Temin ha così inquadrato il problema:

«Anche gli scienziati desiderano danaro, potere, pubblicità e prestigio, per cui alcuni promettono rapide cure purché ricevano più potere e più danaro; e c’è un grande vantaggio in un’asserzione come questa: “Se mi date 500 milioni di dollari per i prossimi cinque anni, io curerò il cancro”».

Al termine dei cinque anni costui può dire che ormai è in procinto di risolvere il problema e che sarebbe inumano negargli altri 500 milioni di dollari. A furia di rimandare il termine di consegna, chi fa le promesse finirà un bel giorno con l’aver ragione, come gli stregoni africani che si fanno pagare promettendo la pioggia.

Ma proprio riguardo al cancro ci sono delle serie ragioni per credere che la pioggia non verrà. È ovvio che un cancro sperimentale, innestato di proposito in un animale, è molto diverso da un cancro spontaneo che si forma da sé e per di più nell’uomo. Un cancro che insorge spontaneamente ha un intimo rapporto con l’organismo che lo ha sviluppato, e forse anche con la psiche, laddove cellule cancerose impiantate in un organismo estraneo non hanno alcun rapporto con tale organismo, il quale funge semplicemente da terreno per la coltura di quelle cellule.

Tuttavia il terrore, abilmente sfruttato, che suscita questo male è diventato un’inesauribile fonte di guadagno per i ricercatori biologici: nel corso dell’ultimo secolo, il cancro sperimentale si è rivelato una fonte tutta d’oro.

[ … ] Una delle ultime notizie sensazionali è del settembre 1972, quando l’agenzia americana UPI si affrettò a propagare la buona novella che lo zoologo Michael Hanna Jr., immunologo presso il Laboratorio Nazionale di Oak Ridge, Tennessee, aveva “definitivamente” trovato il modo di curare il cancro. Poi ci si accorse ancora una volta che l’uomo non reagisce come le cavie, per cui è tuttora in attesa di una cura…

L’alba di un nuovo mondo

L’Italia non ha nulla da invidiare ad altri paese in materia di vivisezione. Come in ogni città di Francia esiste qualche scuola, strada o piazza intestata a Claude Bernard (fondatore della moderna vivisezione – N.d.R.), così in Italia ve ne sono di quelle intestate ad Agostino Gemelli. C’è ben poco di quanto ha fatto Bernard che non sia stato ripetuto da questo famoso “padre” francescano nelle dimostrazioni ai discepoli, ai quali insegnava “la ginnastica del silenzio”, ossia il taglio delle corde vocali delle vittime, perché la gente di fuori “non capisce”.

Ventesimo secolo

Ivan Pavlov, premio Nobel 1904, allievo di Cyon, il quale era stato allievo di Claude Bernard, può simboleggiare il trasporto della grande fiamma vivisezionista dal secolo scorso al nostro. Lavorando nel suo laboratorio di Mosca, con una settantina di assistenti, Pavlov “scoprì” ciò che già sapevano gli antichi: che basta menzionare del cibo per produrre salivazione e secrezione di succhi gastrici. Le sue opere complete, riedite a Mosca nel 1955 in lingua inglese, rappresentano un vero e proprio monumento alla futilità vivisezionista. Pavlov era anche un appassionato di esperimenti sul cervello, il che è sempre sintomatico dello stato mentale dello sperimentatore. Di alcuni cani che aveva operato al cervello in due tempi, Pavlov descrisse le manifestazioni di dolore, il nervosismo, l’estrema sensibilità e lo stato convulsivo, marcato anche – con evidente stupore di tanto “scienziato” – da attacchi di ostilità verso il torturatore. In una relazione del luminare si legge: «La gravità delle convulsioni si accresce fino alla morte, che sopravviene due anni dopo l’operazione». Due anni…

Ma il cane che Pavlov ricordò con particolare affetto e che forma l’invidia di tutti i vivisettori fu uno che, nel corso di due anni, sopportò ben 128 interventi chirurgici prima di passare a miglior vita.

Oggi

Negli ultimi anni l’interesse dei vivisettori, senza trascurare i campi tradizionali, si è andato spostando sempre più su due nuovi campi d’azione: lo studio del “comportamento” e l’esame del cervello.

Dopo aver accertato che il sovraffollamento umano in spazio ristretto suscita ostilità e violenza, i ricercatori vollero ottenere la conferma “scientifica” del fenomeno rinchiudendo migliaia di topi in un campo ristretto, finché le bestiole cominciarono ad aggredirsi e dilaniarsi a vicenda. Per avere la riprova che la mancanza di affetto materno può causare turbe psichiche, vari animali, ma soprattutto giovani scimmiette, vengono strappate alle madri e tenute in isolamento completo, alcune al buio, per vari mesi, in diversi periodi della crescita.

Alla medesima categoria appartengono gli esperimenti che procurano assuefazione alle droghe. Quando l’animale diventa preda di crampi e convulsioni in seguito all’improvviso ritiro della droga alla quale era stato abituato a forza, allora l’esperimento è considerato un successo, e solo allora gli “studiosi” considerano comprovato che quella droga da assuefazione.

Sperimentazione incruenta

«Con metodi incruenti si effettuano anche gli studi di comportamento (riflessi condizionati, studi dei movimenti ecc.) basati sull’osservazione di animali mantenuti in particolari condizioni, che non portano sofferenze… si ricorre talvolta a leggere scosse elettriche, mantenute peraltro entro limiti di intensità tali da non provocare convulsioni (sic). Possono essere così classificati gli studi che richiedono l’incannulazione o l’impianto di elettrodi, sempre effettuati previa anestesia, che sono tecniche comunemente impiegate anche nell’uomo».

Questa descrizione rassicurante è tratta da un recente opuscolo propagandistico del vessillifero della vivisezione in Italia, pomposamente denominato Istituto per le Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano. Adesso vediamo quale verità queste belle parole nascondono. Poiché quasi soltanto gli anglosassoni rivelano particolari dei loro esperimenti – gli inglesi perché vi sono costretti per legge, gli americani perché non hanno leggi inibitorie – dobbiamo ricorrere soprattutto ai lavori pubblicati da costoro, e che in Europa vengono zelantemente replicati, ogni volta che si riesce ad ottenere i sospirati sussidi.

Lo sperimentatore che per primo dimostrò che un topo, premendo un tasto, riesce a interrompere una scarica elettrica che lo strazia, ha portato la riprova di quanto l’umanità già sapeva da millenni: che il topo è un animale molto intelligente e l’uomo un animale molto crudele. Gli sperimentatori che ripetono questo genere di esperimenti con infinite varianti, dimostrano la verità di un vecchio adagio: che la differenza tra l’intelligenza e la stupidità sta nel fatto che l’intelligenza ha i suoi limiti.

Su New Society (Londra, 27-8-1970) James Wellard ha descritto uno dei tanti moderni esperimenti “psicologici” intitolato “Effetto dell’alcool sui riflessi sessuali e il comportamento copulativo del cane maschio”. Resi ubriachi, i cani si erano mostrati disposti all’accoppiamento, ma incapaci di effettuarlo. (Questo esperimento evidentemente non aveva insegnato nulla di nuovo agli scienziati, per cui essi hanno pensato bene di ripeterlo dopo aver reciso ai cani la spina dorsale.)

Di un altro esperimento compiuto su 200 gatti da un Jules Masserman, professore di psichiatria in un’università americana, il Wellard ha scritto:

«Per chi vuole vedere a che punto di “straccio” fisiologico possono essere ridotti i gatti mediante dolore e frustrazioni, Masserman ha aggiunto alle proprie relazioni una serie di fotografie. Eccone una didascalia: “Un animale reso nevrotico da uno scoppio d’aria al momento in cui si avvicina al cibo. Sebbene non abbia mangiato da 48 ore, l’animale ora fa disperati tentativi di evasione alla presenza del cibo”».

Tutta la crescente serie di simili esperimenti “incruenti” riguarda la “teoria dell’apprendimento” che studia gli effetti delle “punizioni” e “ricompense” (il bastone e la carota) sugli animali, di solito a base di scosse elettriche. Se ne possono trovare descritti a bizzeffe nelle riviste specializzate, soprattutto quelle statunitensi, di cui sfogliamo adesso due alle quali s’ispirano molti vivisettori europei. La prima è Journal of Comparative and Physiological Psychology. Seguono alcune sintesi.

[ … ] Veterans Administration Hospital, Nashville, Tennessee, e Università Vanderbilt. A 196 ratti venivano date scosse elettriche attraverso la rete metallica del pavimento. I ratti impararono a girare sempre a destra se volevano evitare le scosse. Poi, tenuti in mano dagli sperimentatori, ricevettero scosse “elettroconvulsive” (convulsivanti) attraverso gli orecchi. Queste scosse distrussero la memoria dei ratti. Gli sperimentatori dichiararono che i risultati “sembrano indicare” che “l’incubazione della paura e la consolidazione della memoria» seguono entrambe l’addestramento ma richiedono tempo. (JCPP febbraio 1971)

[ … ] Università di Harvard (considerato il massimo ateneo americano, che forma i dirigenti di domani). Nove scimmie erano state addestrate a distinguere tra una chiave di prova illuminata e un’altra non illuminata, e linee verticali e orizzontali. Poi parti della corteccia cerebrale vennero rimosse mediante siringa aspiratrice. Due settimane dopo questo intervento chirurgico, le scimmie vennero piazzate in sedie di contenzione per ripetere le prove; elettrodi vennero fissati alla gamba destra. Tutte le scimmie vennero tenute senz’acqua. In seguito l’acqua veniva data come ricompensa per risposte corrette, e scosse elettriche venivano somministrate come “punizioni” per errori. Gli sperimentatori dissero che le scimmie col cervello danneggiato e non punite facevano più errori nel risolvere problemi visivi che non le scimmie normali. Quando venivano punite con scosse per gli sbagli, tre degli animali impararono a fare meno sbagli. Conclusione: punizioni per errori eliminano sensibilmente il deterioramento proveniente dal danneggiamento cerebrale. (Tesi di laurea) (JCPP aprile 1971)

Il caso dello stilbestrolo

La cosiddetta scienza medica moderna alla quale è ufficialmente affidata la salute dei popoli ha sviluppato in laboratorio e poi commercializzato su scala mondiale certi estrogeni (ormoni sessuali) sintetici, che tra l’altro vengono somministrati alle gestanti, asseritamente per assicurare il buon esito della gravidanza.

Che l’aborto spontaneo rappresenti una valvola di sicurezza con cui la natura provvede a eliminare fin dal periodo fetale individui fisicamente disadattati contribuendo così al rafforzamento e alla buona salute della specie, non ha naturalmente mai disturbato “scienziati” ai quali la formazione vivisezionista ha insegnato che si può prendere in giro la natura con la stessa impunità con cui si riesce a prendere in giro il prossimo.

Naturalmente nessun medico al mondo può garantire che la somministrazione di un farmaco eviterà l’aborto, né che il felice esito di una gravidanza sia dovuto proprio alla somministrazione del farmaco. Invece c’è un’altra cosa che da qualche tempo si sa di sicuro.

Nel 1973, mentre il direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano definiva la vivisezione «una rigorosa disciplina scientifica» e proclamava che “noi siamo capaci di riprodurre in laboratorio esattamente un estrogeno naturale» (Epoca, 14-10-1973), l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di Ginevra lanciava attraverso una monografia stampata in tutta fretta un grido d’allarme al mondo medico: il prototipo di questi estrogeni da laboratorio, lo Stilbestrolo, si era dimostrato incontestabilmente causa di cancro.

Il documento in questione, firmato da Robert W. Miller, Direttore dell’Istituto Nazionale del Cancro di Bethesda, USA, è intitolato Transplacental Carcinogenesis, porta il n. 4 delle pubblicazioni scientifiche dell’IARC (Agenzie Internazionale per le Ricerche sul Cancro), e nel capitolo “Origine Prenatale del Cancro nell’Uomo” vi si legge a p. 175:

«Carcinogenesi chimica transplacentale: Meno di sei mesi fa è stato dato il drammatico annuncio che il cancro può essere scatenato nel bambino da un farmaco ingerito dalla madre durante la gravidanza. (Herbst e collaboratori.) Un simile avvenimento non era mai stato osservato prima. Una forma particolare di cancro vaginale, malattia di persone anziane, è stata riscontrata in otto giovani donne nella zona di Boston. Alle madri di sette era stato somministrato lo Stilbestrolo durante la gravidanza. Altri cinque casi di cancro vaginale del medesimo tipo furono scoperti subito dopo attraverso il Registro dei tumori nello stato di New York. A tutte e cinque le madri erano stati somministrati estrogeni sintetici durante la gravidanza. Commentando ancora un altro caso riferito da Newman, Herbst e i suoi collaboratori hanno dichiarato di essere venuti a conoscenza di altri venti casi simili da quando erano stati pubblicati i loro primi sette casi… Ormai non esiste alcun dubbio che si è verificata la carcinogenesi transplacentale nell’uomo dopo un periodo latente dai 14 ai 22 anni. Influenze genetiche possono esprimersi nella medesima maniera. Anni e perfino decenni possono trascorrere privi di sintomi prima che si manifestino i cancri determinati geneticamente».

Altro che curare il cancro! La farmacologia odierna, edificata sulla vivisezione nonostante tutti gli ammonimenti dei veri conoscitori, lo provoca: ed ecco spiegato l’inarrestabile aumento di questo che tra tutti i morbi spaventa gli uomini. Vaccini prodotti sugli animali hanno chiaramente dimostrato poteri cancerogeni, antibiotici ritenuti sicuri in seguito a prove su animali hanno prodotto leucemie, e ora per la prima volta è stato dimostrato scientificamente che un estrogeno prodotto in laboratorio – dimostratosi ancora una volta innocuo per gli animali – non si è limitato a causare lesioni renali ed epatiche, cataratta, squilibri mentali ecc. ecc. nell’uomo, ma è stato causa diretta e incontrovertibile di tumori maligni dopo anni e decenni dal suo impiego.

Così anziché la vita, dalla placenta materna il nascituro riceve la sua condanna futura.

«Ricordiamo l’improvviso fiorire della terapia ormonale. Molti dei pretesi buoni risultati provenivano da esperimenti animali. Tali risultati, quando vennero applicati clinicamente agli esseri umani, risultarono non solo erronei ma in alcuni casi estremamente pericolosi.» (Medical World, 6-6-1974, p. 471)

«Un tempo si supponeva che la sensibilità dell’estrogeno (ormone sessuale) fosse approssimativamente la medesima in tutti i mammiferi, ma ora è dimostrato che così non è… Questo lavoro è molto interessante perché dimostra la follia di applicare sugli esseri umani risultati ottenuti con animali.» (Prof. dott. E. C. Dodds, uno dei più insigni medici inglesi, in Journal of Pharmacy and Pharmacology, vol I, n. 3, p. 143)

Apprendisti stregoni

Dunque il fallimento della ricerca medica attraverso la vivisezione non avrebbe potuto essere predetto più chiaramente; ma ciò che nemmeno il più grande pessimista aveva previsto era che i farmaci sintetici fabbricati con questo metodo antiscientifico sarebbero addirittura risultati responsabili di cancri.

[ … ] Non solo, in alcuni dei vaccini più diffusi, ormai inoculati a centinaia di milioni di esseri umani, è stato riscontrato un potenziale cancerogeno, ma persino i sulfamidici sono stati messi in rapporto con l’allarmante aumento della leucemia.

[ … ] La colossale truffa che l’attuale “ricerca” ufficiale, speculando sulle sofferenze umane e servendosi della vivisezione, sta perpetrando a danno della salute pubblica – non importa se per incompetenza o per interesse commerciale – è tanto più intollerabile quando si considera che l’erborista che smercia un decotto naturale (sempre meno dannoso e più utile dei farmaci sintetici) può essere incriminato per “esercizio abusivo della medicina”, com’è accaduto ultimamente anche in Italia, mentre i diretti responsabili di vari tipi di cancro e delle infinite nuove “malattie della civiltà” non solo rimangono liberi, ma ricevono grassi sussidi per continuare le loro attività deleterie: sussidi pagati in buona parte con i soldi dei contribuenti, a loro insaputa.

Ma torniamo alle elucubrazioni del dott. Robert Miller nella storica pubblicazione dell’OMS. Con quell’acume che proviene fatalmente da decenni di esercizi vivisezionisti, il Miller ci informa che «quando il tumore è presente alla nascita, non esiste dubbio che esso sia insorto già in utero» (p. 177)

L’illustre “scienziato” prosegue: «Considerando, su un periodo di 8 anni, tutti i casi di morte al disotto dei 5 anni di età, 13.782 erano dovuti a neoplasie insorte in utero o poco dopo» (“neoplasie” significa tumori – N.d.A.).

A p. 181 il dott. Miller aggiunge testualmente: «Studi sperimentali animali: non c’era alcuna correlazione tra i tipi di tumori ottenuti in modelli sperimentali e i tipi di cancri infantili». Questo passaggio va chiarito per il profano: «modelli sperimentali» significa «animali da laboratorio sottoposti a esperimenti». Dunque: «Tra i numerosi tipi di cancro che siamo riusciti a provocare in milioni di animali da laboratorio, non abbiamo ottenuto il minimo avvertimento circa la pericolosità dello Stilbestrolo per i feti, sicché per vari decenni abbiamo creduto di poter impunemente somministrare questo estrogeno alle gestanti».

[ … ] Abbiamo già visto che i sussidi che il governo americano assegna annualmente ad istituti nazionali ed esteri per la “ricerca medica” erano saliti nel 1970 a ben 15 miliardi di dollari (10.000 miliardi di lire). A parte che nessuno “scienziato” del calibro del dott. Miller può ammettere che ciò che egli ha propagato per tutta la vita sia uno sbaglio grossolano, l’Istituto del Cancro di Bethesda da lui diretto è tra i più importanti laboratori di vivisezione del mondo, per cui riceve ogni anno succulente fette della torta federale, oltre a sussidi da privati. (Nel 1973 l’American Cancer Society, un ente privato, ha concesso sussidi per 23.056.737 dollari – circa 16 miliardi di lire – a 525 richiedenti.) Rinnegare il metodo vivisezionista significherebbe rinunciare ai sussidi e mettere sul lastrico decine di migliaia di onesti torturatori. Sarebbe disumano. Molto meglio continuare a far soffrire centinaia di milioni di capri espiatori, anche per conservare l’aureola di “grandi scienziati”, poter salire sul podio dei Salvatori dell’umanità nei Congressi Medici Mondiali tra gli applausi fragorosi di migliaia di colleghi confluiti da tutto il mondo, e rimanere in grado di sfornare altri “farmaci miracolosi” come il Talidomide e lo Stilbestrolo. Tanto, gli animali non votano, non possono protestare – soprattutto quando hanno le corde vocali segate – non possono organizzare manifestazioni e comizi, non possono lanciare bombe. Se poi i consumatori dei farmaci nascono focomelici o subnormali o epilettici o leucemici, oppure sviluppano un cancro in giovane età, peggio per loro.

Un ennesimo recente indizio che i nuovi farmaci contribuiscono all’aumento del cancro è una notizia apparsa su Time. Analizzando i casi clinici di 25.000 pazienti ricoverate nel 1972 in 24 ospedali della zona di Boston, si è scoperto che dopo l’età di 50 anni, le donne che prendono farmaci intesi a correggere un lieve aumento della pressione, hanno probabilità tre volte maggiori delle altre di contrarre un cancro alla mammella. Prima di divulgare questa preoccupante scoperta, gli scienziati di Boston chiesero a eminenti specialisti inglesi e finlandesi di fare un controllo simile nei propri paesi: la risposta fu essenzialmente identica. Concludeva il Time: «Un editoriale di Lancet indica che da ora in poi i medici dovranno contrappesare l’apparente rischio più grave del cancro alla mammella e quello della pressione sanguigna in donne mature». (Time, 7-10-1974)

Ciò richiama alla mente quanto ha detto l’Accademico di Francia e vivisettore Jean Rostand, uno dei più noti biologi europei: «La terapeutica è fornitrice di tare: essa si recluta i clienti, crea individui che dovranno fare ricorso ad essa». (Le droit d”être naturaliste, ed. Stock, 1963)

A poco a poco il pubblico americano, il cui comportamento sociale di solito precede di vari anni quello della maggioranza dei popoli europei, comincia a ribellarsi, anche per merito dei vari libri e articoli che illustrano le attività truffaldine del complesso medico-farmaceutico. Il 9 giugno 1975, il Time riferiva che i processi dei pazienti contro i medici per “malpratiche”, un tempo rari, stanno aumentando a un tale ritmo che in California il premio dell’assicurazione contro questi rischi è stato portato in una volta sola da 5.000 dollari a oltre 22.000.

Verso la fine del 1974, inoltre, il noto sociologo cosmopolita Ivan Illich elencò un’interminabile lista di tutte le criminose scempiaggini dell’attuale scienza medica – senza però averne afferrato le cause più profonde – in Nemesi medica, un libro documentatissimo che suscitò scalpore in tutto il mondo civile ancora prima della pubblicazione. Così di lui parlava il Messaggero del 25-5-1975 in un articolo intitolato Medici, Stregoni in Camice Bianco:

«Alla TV della svizzera italiana – difficilmente dalla TV di casa nostra avrebbe potuto lanciare simili accuse – Illich ha dichiarato che “la medicina ammala più gente di quanta ne guarisca… la medicina è una negazione della salute… La medicina non è organizzata per servire la salute dell’uomo ma solo se stessa, come istituzione… Almeno 60.000 persone muoiono ogni anno in USA per avvelenamento da farmaci».

E ancora: «Il trattamento precoce di malattie incurabili ha l’unico effetto di aggravare la condizione del paziente».

E ancora: «Durante lo sciopero di un mese negli ospedali israeliani, il tasso della mortalità della popolazione fu il più basso mai registrato».

Però il Tempo di Roma – che cito unicamente a titolo esemplificativo – asseriva in data 14-5-1974 in un vistoso articolo intitolato Occorre favorire la farmacologia: «Quando veniamo a dire che quasi la totalità dei medicamenti fondamentali che oggi garantiscono la salute dell’uomo provengono da laboratori dell’industria farmaceutica, ognuno potrà rendersi conto dei meriti di questo settore».

Salone risplendente di luci?

«La vera scienza può essere paragonata a un superbo salone tutto risplendente di luci, al quale non si può arrivare se non attraversando una lunga e orribile cucina». (Introduction, p. 44)

Da quando l’apostolo della moderna vivisezione scrisse questa bella frase, la lunga e orribile cucina si è estesa a dismisura, i suoi orrori si sono moltiplicati assumendo forme che nemmeno il cervello malato di Claude Bernard aveva mai sognato, i suoi miasmi si sono riversati sul globo terrestre mettendo in pericolo la salute e la stessa sopravvivenza di una specie che senza approfondire ha innalzato su un altare un falso profeta, ma il “superbo salone tutto risplendente di luci» si allontana ogni giorno di più, per fare posto a ospedali bianchi sempre più grandi, in cui “scienziati” sempre più perplessi compiono, con un automatismo da ebeti, riti meccanicistici che hanno soppiantato quelli di ieri e che domani verranno soppiantati a loro volta da altri riti.

Intanto le malattie cardiache e circolatorie sono in aumento, le malattie artritiche e reumatiche sono in aumento, il diabete è in aumento, le psicosi sono in aumento, le leucemie e le altre forme di cancro, soprattutto infantili, sono in pauroso aumento: ossia esattamente quelle malattie per le quali la “ricerca” più si è accanita sui capri espiatori. E come inevitabile conseguenza, la durata media della vita, che verso la fine del secolo scorso si era prodigiosamente allungata con la reintroduzione dell’igiene ippocratica e le migliorate condizioni economiche, ha ormai non solo cessato di crescere, ma in molte nazioni accusa da un paio d”anni a questa parte per la prima volta una flessione, smentendo le ottimistiche previsioni dell’OMS.

Secondo l’autorevole Nouvel Observateur (28-10-1974), l’aspettativa di vita dei francesi non è più aumentata dal 1965 in poi; per contro, il tasso di mortalità dei giovani tra i 15 e i 20 anni di età sta aumentando del 2% ogni anno. Per gli uomini tra i 40 e i 50 – precisa l’articolo – da 10 anni a questa parte il tasso di mortalità è in aumento in tutte le nazioni industrializzate, e tra i lavoratori britannici il tasso di mortalità è oggi più elevato che nel 1930. Dunque non è vero che se è in aumento il numero dei malati cronici, ciò sarebbe dovuto al prolungamento della vita.

Negli Stati Uniti, la durata media della vita non è aumentata nell’ultimo ventennio, nonostante il formidabile arsenale terapeutico a disposizione e il numero sempre crescente di operazioni chirurgiche. Invece è aumentato il periodo di degenza dell’uomo medio. Che cosa significa? Che gli americani oggi non vivono più a lungo dei loro padri, ma soffrono di più: molti trascorrono lunghi periodi nell’anticamera della morte, nel purgatorio che è l’ospedale, mantenuti in vita – se vita si può chiamare – da fleboclisi, punture, trasfusioni, ossigeno, trapianti, e farmaci violenti che causano dolorose gastriti, nausea, vomito, coliche, e in molti casi emorragie cerebrali che lasciano i pazienti parzialmente o del tutto paralizzati.

Una percentuale sempre crescente di fondo pubblici viene profusa per prolungare la vita dei morenti, ossia per far durare più a lungo le loro sofferenze. Secondo Ivan Illich, un inglese su cinque che soffre d’insufficienza renale riceve il raro privilegio di morire a fuoco lento grazie a quello strumento di tortura che è il rene artificiale: e nel corso di questo trattamento vengono consacrati grandi sforzi per impedire che il paziente si suicidi durante l’anno o forse i due anni che egli a volte guadagna.

Questo, dunque, è “il superbo salone tutto risplendente di luci” che Claude Bernard aveva fatto balenare dinanzi agli occhi dell’umanità più di cento anni fa? Certo è che gli animali cominciano ad avere la loro vendetta.

Ma quel che è peggio, la disumanizzazione propagata all’insegna della “ricerca scientifica” dall’alto delle cattedre universitarie da pochi pseudoscienziati del secolo scorso, si è estesa al nostro, facendosi tacitamente accettare, attraverso gli atenei che hanno formato i nuovi insegnanti e dirigenti, e con la complicità dei mezzi d’informazione, come una dimostrazione di filantropia e intelligenza; e continua a proliferare in proporzione geometrica, come le cellule impazzite di un cancro.

L’attuale scienza medica, con la sua concezione meccanicista della salute, si spaccia per illuminata, ma è retrograda, unicamente intenta a perpetuare il proprio bagaglio di errori, come fece il galenismo per 15 secoli. La sua “ricerca” continua a basarsi più che mai su un metodo che si è rivelato fallace e controproducente, ma nel contempo anche più lucroso di qualsiasi altro, in base al ragionamento – plausibile per i non intenditori – che più grande sia il numero di animali sacrificati, più attendibile debba essere il risultato. Nessun altro campo dell’attività umana offre simili possibilità di facile guadagno sulle sofferenze altrui.

Le università, un tempo luminose fonti di umanità e saggezza, stanno oggi propagandando una nuova barbarie, scaturita dalle Facoltà di Medicina, le quali anziché educare i loro allievi li corrompono. Se i dirigenti degli atenei e dei grandi mezzi d’informazione non avessero dimenticato il dovere civilizzatore della loro missione, avrebbero tenuto conto che le sistematiche crudeltà da essi difese e reclamizzate sono state condannate da tutti i grandi uomini, tra cui molti eminenti medici, che hanno creato la nostra cultura e che rappresentano l’unica giustificazione per l’esistenza della specie umana interra. E se oggi, proprio nei luoghi dove le loro voci andrebbero ascoltate, esse vengono derise, noi ci troviamo sulla soglia di una nuova epoca nera.

Alloché si dichiarò convinto che individui insensibili alle crudeltà non hanno la capacità di penetrare i misteri della natura, Sir Charles Bell non poteva prevedere, non essendo ancora sorta la nostra civiltà dei consumi, che le generazioni di pseudoscienziati create dalla vivisezione sarebbero state però capacissime, speculando sulle sofferenze e sulle paure umane, di penetrare almeno le leggi del profitto economico.

Tratto da FREE SOULS, Febbraio 2002

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