Audizione di Lyndon LaRouche

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Beh, siamo arrivati al capolinea… quasi, e nel silenzio pressoché generale: il baccano, come al solito, verte in tutt’altra direzione (http://www.agoravox.it/Pentole-in-piazza-e-giornalisti.html).

I dati e  l’analisi seguente vanno strillati in tutte le direzioni fino a quando chi ancora non sa sappia, e chi dorme coccolandosi in sogni beati si svegli: qui bisogna fare quadrato e salvare il salvabile. È da un po’ che lo vado dicendo (http://www.agoravox.it/La-riorganizzazione-fallimentare-e.html).

Altro che Mario Draghi a capo di un governo ‘tecnico’. Il rampollo Goldman Sachs dovrebbe essere messo in galera per crimini contro l’umanità (o almeno contro gli italiani) e si dovrebbe buttare via la chiave, please.

Guarda caso la poltronissima di Silvio ha inziato a vacillare sotto le campagne diffamatorie scoccate dai giornali in bancarotta camuffata e dipendenti, de facto, dei grossi gruppi bancari oligarchi.

Guarda caso dopo che Tremonti ha inziato a ‘togliersi i sassolini dalle scarpe’ e a far capire ai più informati che loro non ci stavano più (http://www.nsoe.info/giu-le-mani-dalla-banca-centrale).

La classe politica del 1992 non voleva cedere ai nuovi padroni e venne annientata, l’italia venne svenduta alla ‘city’, sotto la regia nazionale dei Goldman Sachs ‘yes man’ Draghi, Prodi e compagnia, perdemmo la sovranità monetaria e la Banca d’Italia passò in mani private (http://www.nsoe.info/dal-britannia-alle-liquidazioni).

La storia, come si sa, si ripete e stiamo assistendo in questi giorni allo svolgersi di una vecchia storia, camuffata da un nuovo (comunque non  originale) copione, molto, ma molto peggiore.

Buona fortuna italiano.


 

Audizione informale di Lyndon LaRouche alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati

Roma, 17 giugno 2009

Ciò che sto per dirvi non è qualcosa a cui siete preparati in termini di azione legislativa, ma ritengo che sia rilevante per ciò che dovrete considerare quando vi troverete ad affrontare certe questioni.

Ho da darvi una notizia relativamente buona: essenzialmente ci troviamo nella fase di collasso generalizzato del sistema monetario e finanziario internazionale. Non è cosa che riguardi il futuro; piuttosto è un processo in atto dal luglio 2007. Semplicemente, di recente ha subìto un'accelerazione dovuta al fatto che gli Stati Uniti non hanno adottato le misure che avrebbero potuto essere adottate già nel 2007.

La seconda notizia è che la politica dell'attuale Presidente degli Stati Uniti è catastrofica, anche se stiamo cercando di porvi rimedio.

Cominciamo parlando della prima questione. Che cosa è accaduto? Il 25 luglio 2007, durante una mia videoconferenza internazionale, annunciai che nel giro di pochi giorni sarebbe cominciato il collasso generale del sistema finanziario internazionale. Questo collasso, che dissi sarebbe cominciato col cedimento della sua parte più debole - quella del sistema bancario dei mutui negli Stati Uniti e altrove, cominciò in effetti tre giorni dopo la mia previsione; un risultato molto rapido, e un processo che non si è ancora interrotto.

Al momento, il contagio così cominciato ha raggiunto un punto tale da minacciare il crollo dell'intero sistema finanziario e monetario internazionale. Il rimedio c’è, ma la domanda fondamentale è: chi lo attuerà?

Il crollo può avvenire in qualunque momento, nei prossimi giorni o nei prossime settimane; parlo di un crollo simile a quello che sta interessando la California: parliamo di una crisi per cui i governi di un'ampia porzione del pianeta crolleranno, principalmente per questioni finanziarie. In altre parole, non saranno più in grado di far fronte ai pagamenti e di mantenere in funzione le istituzioni consuete ed essenziali, in una o più nazioni. Al pari di molti Stati europei, tutti gli Stati Uniti sono sull'orlo di un tale collasso. Non hanno ancora raggiunto il punto di collasso, ma stanno per passare ad una situazione in cui non avranno gli introiti necessari per alimentare le proprie funzioni essenziali. Così, molto semplicemente, i governi abbandoneranno le proprie responsabilità, a causa della totale impotenza. Per esempio, i governi sottoposti ai diktat dell'Unione Europea sono privi della autorità necessaria ad aumentare i propri fondi in conto capitale. Dunque, nell'erompere della crisi, non riescono a sollevare la questione della creazione d'emergenza di fondi di investimento nelle attività che permetterebbero di invertire la rotta.

Questo è il contesto generale. Mentre siamo in un fase di deflazione, a causa della drastica riduzione dell'occupazione e della produzione (negli Stati Uniti questa situazione è peggiore di quanto si ebbe nel crac del 1929-31), rischiamo anche l’iperinflazione (nello stile della Germania del 1923), a causa dei ripetuti pacchetti di salvataggio di certe operazioni finanziarie altamente speculative. La cosa potrebbe scoppiare in ogni momento. Così, la caratteristica dell'attuale sistema è data dal coincidere di una crisi di deflazione dell'economia fisica e di una crisi di enorme inflazione dovuta al tentativo di tenere in piedi certi tipi di istituti.

Il mio rimedio, naturalmente, è stato proposto nel luglio del 2007: ricorrere alla riorganizzazione fallimentare prevista dalla Costituzione americana. Prendi un istituto e dichiari che sia in bancarotta. Non viene chiuso, ma opera sotto una forma di amministrazione controllata. Al suo interno, quindi, distingui tra le cose che devono essere pagate e immediatamente sostenute, affinché la società possa continuare nelle sue funzioni, e le cose che devono essere poste in un limbo. Con gradualità, pertanto, metti ordine in quel caos. In una situazione di uscita da una depressione economica, esattamente la situazione che l'Europa e altri Paesi dovranno affrontare, questa operazione significa che si devono sottoporre molte cose ad una regolamentazione. Nello stesso tempo, occorrerà prendere misure che provocano la crescita, in questa situazione. Così, stabilire delle priorità per gli investimenti capitali a basso tasso di interesse e a lungo termine, in modo che le istituzioni possano rimettersi in marcia e il reddito nuovamente generato diventi un modo di finanziare il processo di ripresa.

La questione, pertanto, è se vi sia la volontà di fare una cosa simile. La seconda questione è se tale volontà sia condivisa tra le nazioni, affinché sia stabilito un sistema di cooperazione in grado di affrontare la crisi.

Consideriamo la Cina, per esempio. Essa è stata utilizzata per anni come un mercato di forza lavoro a basso costo, per sostituire la produzione dell'Europa e degli Stati Uniti, con una modalità deflattiva/inflattiva di confronto al ribasso con quei mercati. La Cina è stata usata per delocalizzare la produzione, che è la base del reddito nazionale, e gli investimenti capitali. Il risultato è che negli Stati Uniti e in Europa non abbiamo più la fonte del reddito nazionale e abbiamo tassi di disoccupazione che superano quelli leggendari della Grande Depressione e che non cessano di aumentare, anzi.

Stiamo, in sostanza, accelerando verso la crisi.

Invece di usare l’amministrazione controllata, in modo da sottoporre le economie nazionali a procedure di riorganizzazione finalizzate alla ripresa economica, stiamo andando nella direzione opposta: ci siamo prestati a salvare delle forme di investimento speculativo, che oggi chiamiamo semplicemente 'investimenti', nel mercato dei derivati finanziari. Il nostro sistema bancario, assicurativo e finanziario è saturo di tale spazzatura, e per questo chiude i rubinetti del credito necessari a sostenere il reddito reale e legittimo, creato in termini di produzione e di investimenti nella creazione di ulteriore ricchezza reale.

Dopo aver gettato via 13.000 miliardi di dollari per salvare le società d'assicurazione anziché sottoporle a riorganizzazione fallimentare, il governo americano sta procedendo al taglio dei fondi destinati all'assistenza sanitaria, nella misura di 1000 miliardi di dollari; e non è ancora finito! Ci aspetta qualcosa di peggio, invece. Se certe leggi proposte dal Presidente Obama saranno avallate, il sistema sanitario sarà amputato e ridurremo il numero delle persone destinato a vivere: in altre parole, stiamo copiando il modello del NICE [National Institute for Clinical Excellence, NdR] in Gran Bretagna che si sta cercando di imporre anche in Germania. Significa che intere categorie di malati verranno private dell'assistenza, e questo aumenterà notevolmente il tasso di mortalità. Questo sarà il risultato del taglio ai programmi sanitari, all'assistenza medica, agli ospedali, ecc. Non è certamente bello vivere in un simile spettacolo dell'orrore.

Il rimedio, lo ripeto, sta nel sottoporre l'intero sistema finanziario globale ad una riorganizzazione fallimentare, il che richiede un concerto di nazioni che siano d'accordo su quanto c'è da fare. Su questa strada, occorre garantire una certa stabilità, sia politica che economica. Le nazioni più influenti, pertanto, devono accordarsi nel modo che segue.

Poiché l'Europa non sta più operando nelle condizioni di libertà che un tempo la caratterizzarono, a causa del processo di unificazione monetaria, per il quale i governi non possono più creare credito finalizzato alla ripresa delle proprie industrie e all'effettuazione di investimenti capitali di lungo periodo, io ho proposto che gli Stati Uniti si uniscano alla Cina, alla Russia e all'India, nazioni chiave che dovrebbero aderire con facilità al progetto. La Cina dipende dagli Stati Uniti, per la propria economia. La Russia, se usa la propria testa, dipende dagli Stati Uniti per la stabilizzazione della nazione. Tutte e tre le nazioni hanno bisogno di una riorganizzazione di lungo periodo dei propri sistemi finanziario e bancario, se vogliono regolare e gestire la situazione. La gestione, tuttavia, dovrà essere globale, non gestita da una nazione alla volta. Alcuni gruppi di nazioni devono accordarsi su un sistema creditizio comune, caratterizzato da tassi fissi di cambio tra le valute. In questo modo potremo affrontare la questione e generare il credito cinquantennale necessario al mantenimento di certe industrie, alla costruzione di infrastrutture, al salvataggio e alla prosperità delle economie. È una cosa fattibile. Io propongo semplicemente che venga fatta.

Al contempo, ammetto che si tratti di una decisione difficile, in termini politici. Nell’informarvi auspico che si possa cominciare a pensare in questi termini, cercando qualche forma di cooperazione a ciò finalizzata. Il problema, tuttavia, è la rapidità dell'evolversi della crisi. Non stiamo parlando di progetti futuri, non stiamo facendo delle speculazioni teoriche: posso garantirvi che, nel contesto definito da questo sistema e con le politiche dei governi europei e americano, siamo destinati al peggiore crollo da quello visto nell'epoca buia del Trecento, stavolta su scala globale. È importante, quindi, che in tutti noi, ancor prima che la fattibilità di una tale mossa diventi palese, si sviluppi l'idea della sua necessità, e che sia ben chiara alla mente. Così possiamo sperare, man mano che il crollo peggiora, che la gente riconoscerà la propria volontà di reagire, cosa che non vollero fare, in precedenza. Stiamo parlando di una cosa necessaria.

Un altro lato problematico della faccenda è che la maggioranza della popolazione, sia dentro che fuori dalle istituzioni governative, non capisce affatto la situazione. Dobbiamo spiegare e chiarire loro che cosa sta accadendo. Non è possibile, infatti, ottenere degli accordi volontari intorno al tipo di misure richieste, senza la comprensione del problema e della sua soluzione.

Concluderò dicendo che non posso suggerirvi di fare queste cose, ma posso suggerirvi di pensare ad esse. In questo modo possiamo costruire il sostegno per una tale cooperazione in tempi relativamente rapidi, per poter intraprendere le azioni necessarie. Penso che l'Italia sia uno dei luoghi in cui la discussione debba proseguire. Questo è, per oggi, il mio scopo e il mio intervento….”


PENSATE CHE QUESTO APPELLO VERRA’ ASCOLTATO?

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