TV e violenza: legame confermato

Pubblicato da Redazione il
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Da "Saluteitalia.net", sez. News

NEW YORK (25 aprile 2002) — Più di un’ora davanti alla televisione, e un individuo – indipendentemente dal sesso – diventa violento. Ma se si tratta di un adolescente, e maschio, il problema è ancora più grave.

A suggerirlo è uno studio compiuto alla Columbia University di New York, e coordinato dal Jeffrey Johnson: «L’elemento discriminante è proprio la soglia dell’ora quotidiana davanti alla tivù. I danni psicologici sono evidenti, tanto che noi raccomandiamo vivamente ai genitori di non lasciare i figli davanti al televisore per più di un’ora al giorno», spiega Johnson. «Il perché è semplice: il 60 per cento dei programmi contiene scene di violenza, e nel corso di un’ora di programmazione, anche presa a caso, si assiste da tre a cinque atti di violenza».

Il gruppo di ricercatori di Johnson ha seguito per ben 17 anni oltre 700 bambini, quasi tutti di razza bianca e di religione cristiana, che hanno iniziato i test avendo una età compresa fra uno e dieci anni. «Il nesso fra comportamento violento e abitudini televisive ci è stato subito chiaro, pur considerando tutti i fattori collaterali che potevano esserci, dal basso reddito della famiglia dell’adolescente al fatto che non venisse seguito dai genitori. Dirò di più: quanto più in famiglia esistono queste condizioni negative, tanto più si allunga il periodo che il giovane passa davanti alla tivù», dice Johnson, che ha pubblicato il proprio studio sulla rivista Science. I dati parlano chiaro. Fra i teenager che, a quattordici anni, seguivano i programmi tivù per meno di un’ora al giorno, nell’arco del periodo che va dai loro 16 anni ai 22, solo un 5,7 per cento è stato protagonista di atti di aggressione registrati dalle autorità federali. Ma sempre fra i quattordicenni che guardavano la tivù da una a tre ore quotidiane, il tasso dei comportamenti aggressivi negli anni successivi è salito al 22,5 per cento. L’effetto si è dimostrato più significativo fra i maschi, che sono passati da un 8,9 per cento di comportamento aggressivo – nei termini precedenti – per coloro che stavano davanti alla tivù meno di un’ora al giorno, a un 32,5 per cento per chi ci stava da una a tre ore, fino a un 45 per cento per chi ci stava per più di tre ore.

Statisticamente, il legame è inequivocabile: più ore trascorse davanti alla tivù nell’adolescenza, più comportamenti pesantemente aggressivi negli anni a venire. Curiosamente, un andamento analogo ha la tendenza alla violenza nei giovani oltre i vent’anni: meno tempo si passa davanti al televisore, meno reati si compiranno, nel giro di un decennio.

Ma quali meccanismi stanno alla base di questo legame così preciso? «Certamente c’entra la tendenza a imitare ciò che si vede», risponde Johnson. «L’uomo è un animale sociale, ed è portato a copiare e replicare comportamenti altrui. Soprattutto se gli autori di questi comportamenti sono presentati o identificati come eroi, o comunque come personaggi positivi». Ma esiste anche un meccanismo di assuefazione: assistendo continuamente alla violenza in tivù, ci si abitua a considerarla una componente "normale" della nostra vita, a non attribuirle più una connotazione negativa.

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