Vogliono ricreare i manicomi in Italia?

Pubblicato da Redazione il
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Nel 1994 il dispositivo legislativo che stabiliva la chiusura definitiva di  tutti i residui manicomiali, precisava anche di chiudere qualsiasi posto che avesse “caratteristiche manicomiali”, cosa che invece non è avvenuta. Forse bisognava essere più specifici, perché molti, politici compresi, sembrano ancor oggi non aver capito cosa sia un manicomio; per loro le tre caratteristiche fondamentali del manicomio sono: è un luogo grande, con tanta gente e sporco. Ma non è solo questo… è una questione di diritti e di libertà dell’individuo.

Così parla il Dr. Roberto Cestari, medico, umanista e scrittore in una sua recente intervista, presentando e spiegando i contenuti del suo libro “L’inganno psichiatrico”.

Intervista del Dr. Roberto Cestari

Oggi abbiamo ancora una parte della psichiatria e dell’opinione pubblica che non conosce questo settore che vorrebbero tornare al modello manicomiale. In parlamento in questo stesso momento c’è una proposta legislativa che ci farebbe tornare al modello manicomiale. Si prende una persona che non ha commesso alcun reato,  la si rinchiude in un posto dove ovviamente non sta scontando una pena e dove dicono che la rinchiudono per curarla e la tengono lì per un tempo indeterminato e lunghissimo. Questo è il manicomio.

La legge attuale parla di Trattamento Sanitario Obbligatorio, quindi di obbligo, per una o due settimane; questa proposta legislativa parla di sei mesi rinnovabili. Da questo si fa presto a trasformare le cose in un’intera vita.

Sarebbe necessario cambiare approccio e mentalità. Quella psichiatrica vede psichiatri e malati mentali, persone giuste e persone sbagliate, da riparare o gettare, terapie e reclusione: è costata e costa migliaia di miliardi e ha prodotto lo sfacelo che osserviamo oggi; l’altra vede persone di fronte ad altre persone, nel rispetto reciproco, costa quasi nulla e produce risultati che hanno del miracoloso.

Nelle lamentele degli psichiatri sentiamo sempre: non abbiamo abbastanza soldi e non abbiamo abbastanza personale.

Ma ciò che è stato osservato nelle visite fatte dal nostro Comitato in passato erano anche realtà che funzionavano, rispettando i diritti delle persone, fornendo aiuto senza bisogno di rinchiuderle e imbottirle di farmaci. Queste esperienze (poche purtroppo) di comunità fondate su basi completamente differenti da quelle del controllo psicofarmacologico e della restrizione della libertà personale, non le abbiamo inventate o realizzate noi. Sono il frutto del lavoro e della genialità di vari psichiatri italiani.

Facevano rilevare costi  e spese ridotti ad un quarto e le persone stavano nettamente meglio e spesso si riabilitavano e recuperavano la propria vita, le proprie relazioni con gli altri e i famigliari.

Queste però non sono le cose che insegnano all’università dove si impegnano invece a catalogare, ad etichettare e dare farmaci.

Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani vuole tutelare e difendere i diritti di queste persone e che gli abusi siano conosciuti. Soprattutto impedire che atroci realtà del passato possano ritornare.

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