C'è una scuola, a Milano

Pubblicato da Redazione il
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È di oggi la notizia che il provveditorato e il prefetto di Milano hanno dato il loro nulla osta (definitivo?) per la scuola coranica di Milano (Corriere.it/vivimilano/speciali del 2 Novembre 2006). Sul dibattito "scuola sì / scuola no" pubblichiamo questo articolo che ci pare particolarmente illuminato e illuminante.


Tratto da casperize.com

C'è una scuola, a Milano

Una scuola chiusa. Si chiama Naghib Mahfuz, in onore dello scrittore Egiziano premio Nobel per la letteratura nel 1988. Conta un centinaio di iscritti e parte dalla prima elementare per arrivare alla terza media, o comunque vogliate chiamarle in ossequio alla signora Moratti. Finanziata dai genitori e patrocinata dal Consolato Egiziano, ha sede in un dignitoso stabile di via Ventura, ed è vuota. Nessuno seduto ai banchi, nessuno alle cattedre: il prefetto ha ordinato di starne alla larga, causa alcune irregolarità nell'osservanza delle norme. Per esempio, mancano l'uscita di sicurezza al piano rialzato e un sistema di allarme, le porte antincendio ci sono ma non si richiudono da sole. Tutte obiezioni fondate, per carità, ma non ho sentito di nessuna scuola pubblica chiusa d'autorità in questi giorni per il mancato rispetto delle norme di sicurezza. Eppure, se facessimo un giretto a sorpresa lungo lo Stivale, i portoni da sigillare fioccherebbero come in una tormenta polare. Ad ogni modo, la Naghib Mahfuz è ora chiusa e vuota. La signora Tiziana Maiolo, assessore al commercio del Comune di Milano, nei giorni scorsi ha ritenuto opportuno farci sapere che non vede la necessità di aprire una scuola islamica nella sua città, pertanto si augura che le autorizzazioni di legge non arrivino mai. Dubito francamente che qualcuno abbia sollecitato la sua opinione, nè comprendo in che modo l'argomento possa coinvolgere l'assessorato al commercio, tuttavia è certamente libera di agitare la lingua e darle fiato. Matteo Salvini, capogruppo della Lega nello stesso consiglio comunale, non è stato da meno. Da parte sua, il ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni ha già messo le mani avanti: senza regolare autorizzazione, in Italia non si apre nessuna scuola. Più in generale, l'atmosfera pare carica di tensione, e non escludo che molti fra quanti ancora non hanno aperto bocca si stiano a malapena trattenendo dal vomitare qualche orrendo pistolotto razzista.

Non vorrei dover essere io a rammentare alla signora Maiolo, eletta con i voti di Forza Italia in una campagna elettorale pagata anche con i soldi della mia tessera triennale, che il programma del centrodestra prevede la libertà di educazione. Mi sono sforzato di trovare una qualsiasi differenza fra il diritto dei genitori cattolici di mandare i propri figli cattolici in una scuola privata cattolica, e il diritto dei genitori islamici di mandare i propri figli islamici in una scuola privata islamica. Per quanto mi sprema le meningi, non ne ho trovata nessuna. Mi sono anche domandato in che modo l'apertura di una nuova scuola privata contrasti con il principio di programmi didattici uniformi a livello nazionale, laddove le stesse scuole statali si suppongono autonome, ma non ho avuto maggior fortuna. Il ministro Fioroni non intende certamente indurci a credere che il costosissimo sistema scolastico italiano sia in grado di introdurre programmi speciali per i giovani di qualunque etnia o confessione religiosa. Se sono Egiziano, vivo qui e voglio che mio figlio impari a stare al mondo in Italia, conservando nel contempo traccia della cultura e delle tradizioni egiziane, non ultima la lingua dei suoi genitori, avrò ben ragione di nutrire fondati dubbi sulla possibilità che la scuola pubblica potrà mai soddisfare una simile esigenza. Sappiamo tutti cosa significa studiare una seconda e terza lingua alle elementari e alle medie, consentitemi quindi di sorvolare sulla favola di un bambino Egiziano che impara un Arabo fluente in due ore a settimana. E non dimentichiamo che identici programmi alternativi dovrebbero essere previsti per il Cinese, l'Albanese, e quant'altre lingue rappresentassero la popolazione scolastica degli immigrati residenti, con un monte ore settimanale non inferiore a quello previsto per l'insegnamento della lingua Italiana. Non è divertente, raccontatemene un'altra. Ci sono in Italia realtà culturali diffuse, le cui legittime esigenze possono trovare soddisfazione solo in una struttura educativa privata.

La quantità di politici e intellettuali nostrani che sgomita per ricavarsi una nicchia nel calderone liberale è imponente, nondimeno temo che la Libertà vaghi ignorata e disprezzata da una bandiera all'altra, con la mano tesa e le pezze al culo. Premesse la sicurezza dei locali, il decoro della sistemazione e l'autorizzazione ministeriale ad avviare un programma di studi conforme ad un minimo comun denominatore nazionale, non c'è alcuna ragione al mondo che impedisca ad una scuola privata di rispondere alle peculiari esigenze della gente. Purchè non chiedano un centesimo allo Stato, non insegnino l'odio e la militanza, non pretendano trattamenti di favore, le istituzioni educative private sono sacre. Il diritto di insegnare ai propri figli qualcosa di anche sensibilmente diverso dal minestrone ufficiale sbrodolato da Roma verso la periferia è sacro. Con buona pace di razzisti, bigotti, conformisti dell'ultimora e liberali a senso unico, la Naghib Mahfuz può e deve vedersi riconosciuto il diritto di esistere. Dovesse mai sfornare terroristi o disadattati, difficilmente saranno in numero superiore o peggiori di quelli sfornati dalle scuole approvate dal Governo.